
PASSIONE PER LE RIME MaRue al secolo Oussama Lamb lavorava in una macelleria quando ha iniziato a scrivere musica a Milano
Milano, 12 agosto 20187 - «Vivo dietro la Centrale, un quartiere multiculturale, multietnico, vivacissimo», racconta MaRue. «La mia casa confina proprio con via Gluck, nell’appartamento in cui ha abitato Celentano oggi vivono alcuni amici di mio zio». Venticinque anni, nato a Berrechid in Marocco, cresciuto a Milano, MaRue (la mia via) è più conosciuto con il precedente nome d’arte Maruego, al secolo Oussama Lambi. Rapper e trapper, ha importato in Italia il trap quel misto di rap e musica elettronica che ormai si sente ovunque. Una vita avventurosa da meritare una biografia «Autotune» che l’artista ha scritto con Davide Piacenza (Bompiani).
Quale luogo milanese considera il suo rifugio?
«La Martesana, ci vado per pensare, scrivere, passeggiare. Sono cresciuto a Greco, lì ho frequentato le scuole e l’oratorio, conosciuto gli amici più cari come Simone, il primo bambino italiano che mi ha invitato a casa sua».
Vive fra Milano e Berrechid. Quali differenze trova?
«Milano offre tanto, è viva, sempre in movimento, è più facile trovare lavoro qui che altrove. Del Marocco amo la semplicità, la spiritualità; lì mi sento sempre in pace con me stesso. Milano ha realmente «cinquanta sfumature di grigio», ci sono abituato, ma a volte è dura. Ogni città del Marocco è rossa, gialla piena di sole e questo mi riempie di energia ».
Appartiene alla prima generazione nordafricana nata in Italia. Crede sia possibile l’integrazione?
«Penso che molti italiani abbiano paura del diverso, dell’ignoto, del nuovo che avanza. Milano è unica, non è come altre città italiane, le periferie sono sempre più multiculturali, anche in centro si avverte la presenza di stranieri la cui maggior parte inserita. Milano non è razzista, io mi sento sempre di più un cittadino del mondo».
Dove e quando le è venuto il desiderio di scrivere musica?
«Ho lasciato la scuola presto, a sedici anni lavoravo già in una macelleria e, intanto, frequentavo la stazione Centrale: gang e writer, ascoltavo brani punk, mi sembrava di essere a New York e allora mi sono detto perché non scrivere musica. I primi tempi lo facevo nei ritagli di tempi, levavo il grembiule da macellaio e mi dedicavo alle rime. Adesso sono cresciuto, la musica è il lavoro con cui mi pago l’affitto e le bollette. E poi ho aperto uno studio vicino a viale Corsica con Eros Caliandro, socio e amico da tanto tempo, vota Lega ma insieme lavoriamo benissimo».