MARIANNA VAZZANA
Cronaca

Robert Bloomhuff, chi è il primo americano ad aver chiesto scusa per la strage di Gorla

Da dieci anni partecipa alle commemorazioni in onore dei 184 bimbi uccisi dalle bombe sganciate dagli aerei alleati nel 1944. Il sindaco Giuseppe Sala ieri si è rivolto a lui direttamente dal palco. Dal consolato Usa una lettera di condoglianze ufficiali

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Robert Bloomhuff (a sinistra) con il rappresentante del Consolato Usa, Yoon Nam, alla cerimonia di ieri

Milano, 21 ottobre 2024 – Il 20 ottobre, lui c’è. Tra le mani ha un mazzo di fiori che consegna a Graziella Ghisalberti, sopravvissuta alla strage, e poi scorta tra la folla questo scricciolo di donna di 87 anni fino al monumento dei “Piccoli martiri di Gorla” realizzato in memoria dei 184 bambini della scuola elementare Francesco Crispi che il 20 ottobre 1944 furono uccisi dagli ordigni sganciati “per errore” dagli aerei angloamericani.

Il ricordo

Lui, Robert Bloomhuff, ha 68 anni, arriva da Seattle e da oltre 10 si presenta a “chiedere scusa”. In quanto americano. Ogni 20 ottobre. “Questi miei fiori sono da parte dell’America”, dice.

Lo stesso rituale lo ha compiuto ieri, nel giorno dell’ottantesimo anniversario della tragedia, in occasione della commemorazione che ha richiamato a Gorla decine di milanesi e rappresentanti delle istituzioni. In prima linea, le sopravvissute: Graziella Ghislberti, Maria Luisa Rumi, Giuditta Trentarossi, Antonietta e Elena Lazzaroni, accanto al comitato dei familiari.

Presenti il sindaco Giuseppe Sala, la sottosegretaria all’Istruzione Paola Frassinetti, l’assessore di Regione Lombardia al Territorio Gianluca Comazzi e Yoon Nam, rappresentante del Consolato americano.

Le parole del sindaco

Il sindaco, a un certo punto del discorso, si è rivolto proprio a Robert Bloomhuff. “Noi stiamo rievocando una tragedia che ha colpito molto duramente la nostra città. Noi volevamo non semplicemente delle scuse da parte degli Stati Uniti ma il riconoscimento che non fu errore, ma molto di più”.

Ha ricordato la dedizione della comunità e i frutti che sono arrivati: “Una lettera di condoglianze dal console, di fatto delle scuse” dal governo americano. “Lei si ricorda meglio di chiunque altro – ha proseguito il sindaco dal palco –, quell’amico americano con i fiori in mano, che è qui anche oggi. Non manca mai”, e ha invitato ad applaudire. “Lui è stato il primo a metterci la faccia e oggi voglio ringraziare anche il rappresentante del Consolato americano (Yoon Nam, ndr) che ci porta la sua vicinanza sincera”.

Il personaggio

Bloomhuff vive a Lissone con la compagna Ida Villa. “Mi sono trasferito in Italia per amore. La ragione è lei: la mia Ida”. In America era un professore di storia, esperto di seconda guerra mondiale, “eppure non avevo mai sentito parlare della strage di Gorla. Quando l’ho saputo, ho provato un’immensa tristezza e mi sono sentito in colpa”.

Dieci anni fa è andato per la prima volta a Gorla, a depositare il suo mazzo di fiori ai piedi del monumento, che è stato realizzato grazie ai genitori dei bimbi, i quali per raccogliere i soldi necessari hanno anche venduto i mattoni che avevano schiacciato i loro piccoli, a 2 lire l’uno.

Ho incontrato Graziella mentre deponevo il mazzo di fiori. Era commossa, allora mi sono avvicinato e le ho dato i fiori”. Era il 2014 e da allora, ogni 20 ottobre, il rituale si ripete. “Ho saltato solo gli anni del Covid”, precisa Bloomhuff.

Dalla scuola al campo

“È un mistero – commenta Ida – come facciano a capirsi, perché Graziella parla solo italiano e Robert solo inglese. Evidentemente, in questo caso non c’è bisogno di parole”. Oggi Bloomhuff, che in Italia è stato professore di inglese, è in pensione ma non si ferma. “Sono sempre insegnante – fa sapere – solo che mi sono spostato su un campo sportivo: sono allenatore di football americano, coach nella squadra Daemons di Cernusco”.

Robert e Ida si sono conosciuti nel 1981 in Germania, dove lavoravano entrambi in un hotel. “Poi ci siamo persi di vista. Ritrovandoci dopo quasi 30 anni”, racconta lei. “Io ho cercato il suo nome su internet, c’erano due indirizzi mail: uno di un professore, l’altro di un medico. Ho scritto al professore e mi ha risposto proprio lui: “Mi hai trovato, sono io“”.