Marina Brambilla nuova rettrice della Statale: "Maternità e cattedre, c’è ancora molto da fare. Bandi per finanziare le ricercatrici"

La germanista e docente, cinquant’anni, resterà in carica fino al 2030. "Proteste e occupazioni? Sì al dialogo ma senza violenze e prevaricazioni. Ora la sfida del campus policentrico con la nuova cittadella a Mind"

«Che anche la Statale sappia riconoscere dopo cent’anni – e proprio come apertura dei prossimi cento – le competenze, l’impegno, la determinazione della figura femminile, penso possa essere un riconoscimento anche per tante colleghe, per tante giovani ricercatrici, ma anche per tanti colleghi. Questo tema l’ho sentito forte e vicino anche a tanti colleghi uomini". Marina Brambilla, 50 anni, professoressa di Linguistica tedesca e attuale prorettrice con delega ai Servizi agli studenti e alla Didattica, traghetterà l’Università degli Studi di Milano fino al 2030.

Con lei avremo tre donne al comando di tutti e tre gli atenei pubblici milanesi: che cifra darà a Milano e al Paese?

"Credo ci siano grandi aspettative su questo, sia nell’ateneo, sia nella città e nell’opinione pubblica. Sappiamo essere rappresentative di un mondo moderno e complesso, che riconosce le qualità a tutto campo e lo si sente in modo diffuso in ateneo. Ci viene riconosciuta la capacità di unire, ma anche di prendersi cura delle cose dall’inizio alla fine, il pensarle, progettarle, ma anche seguirle e vederle crescere. Non so se è una caratteristica femminile, non bisogna cadere a nostra volta in pregiudizi e tabù, ma stiamo dando un bel segnale".

L’Italia con lei avrà 13 rettrici su 85, la strada per la parità è ancora lunga.

"C’è Giovanna Iannantuoni alla guida della Crui, la conferenza dei rettori, ed è una bellissima notizia, ma non solo per ora il numero delle rettrici è di gran lunga inferiore rispetto a quello dei rettori, i dati del bilancio di genere ci dicono che se nel momento degli studi ragazzi e ragazzi vanno egualmente velocemente, come nelle prime fasi dopo laurea, tra i 30-40 anni – età che spesso coincide anche con la maternità – c’è un rallentamento e, soprattutto in alcune discipline, il numero di professoresse ordinarie è ancora troppo basso. Abbiamo introdotto misure e bandi a sostegno delle ricercatrici, vanno potenziati".

In una fase geopolitica complessa, quale ruolo deve avere l’università? Alcuni studenti, dopo l’occupazione-lampo in Statale, hanno ottenuto dal rettore Elio Franzini un dibattito sul conflitto in Medio Oriente anche con la partecipazione del futuro rettore. Con lei. Cosa dirà loro?

"La Statale e le università pubbliche devono restare luoghi di confronto e dialogo. Siamo un ateneo che fa dello studio di questi temi e delle ragioni del conflitto oggetto di ricerca. Daremo voce agli studenti, come a tutte le posizioni. Apertura al dialogo quindi, nel rispetto, senza accettare alcun tipo di violenza e prevaricazione. Siamo disponibili a ragionare con loro, abbiamo attivato una commissione del Senato per valutare gli accordi internazionali".

Quali le priorità del suo mandato?

"Diritto allo studio: andremo a rivisitare ulteriormente il sistema di tassazione perché non ci siano limiti economici agli studenti. Grande attenzione ai temi della fragilità. Andremo a realizzare nei prossimi anni il nostro campus policentrico: Mind, Città Studi, ma anche il cuore della Statale sarà oggetto di altri progetti, a partire dalla Cittadella delle Biblioteche. Non dimenticheremo Edolo e il campus di Lodi. Fondamentale sarà l’avanzamento delle infrastrutture di ricerca: faremo della Statale sempre più un vivaio di giovani ricercatori".

I rapporti con Comune, Regione e Governo?

"Intensi, sui temi del diritto allo studio, delle residenze e contro il caro-affitti, sulla sanità e anche sul campus Mind. Chi guida la Statale deve avere interlocuzioni fruttuose con tutte le istituzioni del territorio, che nel nostro caso sono di orientamento politico diverso, ma mantenendo un ruolo di autonomia. Anche in questa campagna elettorale tanti hanno cercato di tirare la corsa sul fronte politico, da una parte e dall’altra. Ma chi si occupa di ricerca, didattica e formazione deve essere libero, scevro da condizionamenti partitici. Si fa politica facendo formazione, in modo alto. In questi anni siamo stati in grado di interloquire, di collaborare dove possibile, ma anche criticare laddove non venivano riconosciute le giuste istanze dei nostri ricercatori, studenti e colleghi. Liberi di pungolare, chiedere e stimolare. Continueremo a farlo".

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