Marco Carta, la testimonianza: "La donna gli passava le magliette, poi sono spariti"

Le parole di una dipendente delle Rinascente riportate negli atti dell'indagine della Locale

Marco Carta in tribunale a Milano

Marco Carta in tribunale a Milano

Milano, 2 giugno 2019 - «Un vecchio proverbio diceva “male non fare, paura non avere”. Ho continuato a ripetermelo in attesa di vedere il magistrato e ho fatto bene a ripetermelo e ad aver fiducia nella magistratura, che ha riconosciuto la mia totale estraneità ai fatti». Marco Carta si dice certo della sua innocenza, a poche ore dalla direttissima che non ne ha convalidato l’arresto per furto alla Rinascente. «Sono una persona onesta e certamente non rubo», la difesa dopo una notte ai domiciliari e il pomeriggio in Tribunale. Messa così, sembra che gli agenti in borghese dell’Unità reati predatori abbiano preso un abbaglio venerdì sera, quando hanno bloccato il cantante di 35 anni e l’amica Fabiana Muscas (arresto convalidato per la 53enne ma nessuna misura cautelare) perché sorpresi a rubare sei magliette da 200 euro l’una nello store di piazza Duomo.

E invece gli atti d’indagine, che il Giorno ha potuto consultare, fanno emergere tutt’altra storia, in attesa dell’acquisizione dei filmati registrati dal circuito interno di videosorveglianza e della ripresa del processo a settembre. L’intervento dei ghisa, concluso con l’arresto d’intesa con il pm di turno Nicola Rossato, si fonda infatti sulla segnalazione degli addetti della Rinascente, che alle 20.35 hanno fermato Muscas e Carta all’uscita, richiamati dal suono dell’allarme. In realtà, stando a quanto risulta, un addetto all’accoglienza li aveva «agganciati» diversi minuti prima, insospettito «da un comportamento alquanto anomalo» e dai continui sguardi dei due «come se controllassero di non essere osservati da astanti o personale dipendente».

Di conseguenza, l’addetto della Rinascente, stando a quanto ha riferito agli investigatori, ha seguito con lo sguardo tutta la scena: «Vedevo entrambi i soggetti prelevare delle maglie al primo piano – ha dichiarato – e con le stesse salire con le scale mobili fino al terzo piano; fatto ciò, li vedevo entrare nei camerini di prova dove rimanevano svariati minuti. In questa fase, la donna restava fuori e passava le maglie al ragazzo che si trovava all’interno. Finito di passare tutte le maglie, la donna dava la propria borsa personale al ragazzo, che poco dopo usciva dai camerini. Entrambi usciti dai camerini, notavo che in mano non avevano più le maglie prelevate».

E ancora: «Seguivo sempre visivamente i soggetti e li vedevo salire con le scale mobili e andare al quarto piano, più precisamente nei bagni adibiti al pubblico (vedevo il ragazzo entrare e uscire immediatamente)». E poi? «Riprendevano le scale mobili fino al piano secondo, dove il ragazzo prelevava dagli espositori due costumi da uomo (del valore di 77,28 euro, ndr) e si recava alle casse per il pagamento». Fatto questo, «riprendevano le scale mobili fino al piano terra, dove oltrepassavano le batterie antitaccheggio facendole allarmare». Lì l’intervento della sicurezza. Le magliette e un cacciavite ritrovati nella borsa della Muscas. E le placche antitaccheggio (tranne quella morbida che ha fatto scattare la sirena) rinvenute nel bagno.

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