MARIO CONSANI e NICOLA PALMA
Cronaca

Famagosta, mamma incinta travolta e uccisa con il figlio: sconto di pena al guidatore

Procurato aborto: conducente assolto. La vicenda torna in Corte d'Appello

Incidente in viale Famagosta

Milano, 7 giugno 2017 - La sera del 20 ottobre 2013, in viale Famagosta, la Citroen C3 guidata da Andrea Roberto Luciano viaggiava a una velocità superiore ai 100 chilometri orari, nonostante il limite a 50, la pioggia e la scarsa illuminazione. L’automobilista, secondo quanto raccontò ai vigili, nemmeno si accorse della presenza sulla carreggiata di Magda Nashed Niazy, egiziana di 29 anni incinta, e del figlio Roumando di 5 anni, presi in pieno dalla macchina e sbalzati tra i new jersey di cemento posizionati tra un senso di marcia e l’altro; un impatto così violento che i soccorritori trovarono il bambino a 40 metri di distanza. Per quell’incidente, Roberto è stato condannato in abbreviato (con sconto di un terzo della pena) a 2 anni e 4 mesi: 2 anni per l’omicidio colposo di Magda e Roumando e 4 mesi per il procurato aborto del feto che la donna portava in grembo. Un verdetto che presto verrà riscritto, con una condanna sicuramente più lieve. La Cassazione, infatti, ha in parte accolto il ricorso presentato dai legali di Luciano, assolvendolo dal «procurato aborto».

La condanna colposa ribadita in Appello si fondava infatti sull’affermazione dei giudici secondo cui sarebbe stato «prevedibile, in quanto del tutto probabile, che una donna in età giovanile che attraversi la strada possa essere incinta». La Cassazione però non la pensa così: «Dall’esame delle sentenze di merito non emerge esservi alcun elemento noto (quale potrebbe essere stato, ad esempio, se l’incidente fosse avvenuto nelle immediate vicinanze di un ospedale o di una clinica o di uno store che vendesse prodotti per l’infanzia) da cui possa inferirsi tale giudizio probabilistico». Tradotto: a Luciano, che per grave colpa investì la donna e il bambino, non si può però imputare anche il procurato aborto, non potendo lui nemmeno immaginare che la sua vittima fosse incinta. Conseguenza: pena ridotta a 2 anni, «per la quale è astrattamente concedibile il beneficio della sospensione condizionale». Su questo allora dovrà pronunciarsi nuovamente la Corte d’appello, e sulla possibilità – dice la Cassazione – di concedere all’automobilista le attenuanti generiche. Confermata per il resto la condanna per l’omicidio colposo di Magda e Roumando. È vero, per la Suprema Corte, che mamma e bambino compirono una fatale imprudenza ad avventurarsi al buio su uno stradone trafficato e non sulle strisce: ma è altrettanto vero che il conducente avrebbe potuto ragionevolmente prevedere la condotta negligente delle vittime e porvi rimedio in tempo.

Interpretazione – in linea con pronunce precedenti – che limita al massimo il «principio dell’affidamento» in ambito stradale. Vuol dire che, guidando, non basta essere a posto con la propria condotta. «La possibilità di fare affidamento sull’altrui diligenza – scrivono i giudici – viene meno quando, in relazione a particolari contingenze concrete, sia possibile prevedere che altri non si atterrà alle regole cautelari che disciplinano la sua attività». Quella sera, lungo una strada poco illuminata e nei pressi di una fermata della metropolitana, Andrea Roberto Luciano avrebbe dovuto prestare più attenzione. Anzi, la massima attenzione possibile.