GIULIA BONEZZI
Cronaca

Milano, dona un rene a suo figlio: "Ma il regalo l’ho avuto io"

Il trapianto al Policlinico nel giorno del compleanno della mamma. Per prepararsi sono dimagriti insieme, e la settantenne ha smesso di fumare

Una foto di Paolo Liaci, esposta al Policlinico nel 2017 in una mostra sulle donazioni

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Questa, la numero cinquecento, ha per protagonisti una mamma sulla settantina e un figlio quarantenne, che vivono in una regione del Sud. Lui aveva un’insufficienza renale grave, anche se sviluppata in pochi anni, a breve non avrebbe potuto fare a meno della dialisi. Ma è riuscito a evitarla, perché mamma e figlio hanno cercato un’alternativa, anche su internet; per una volta il “dottor Google“ ha funzionato, e li ha fatti approdare sul sito del Policlinico, tra i pochissimi centri in Italia con un’esperienza così ampia sulla donazione da vivente, che avrebbe potuto regalare a lui una vita normale senza incidere minimamente sulla salute di lei. Anzi, migliorando anche quella, dato che insieme si sono messi a dieta e in meno di sei mesi hanno perso entrambi 15-20 chili; e la mamma, che da quarant’anni era una fumatrice da due pacchetti al giorno, ha mollato le sigarette per prepararsi all’operazione, avvenuta nel giorno del suo compleanno. Ha detto che per lei era "il regalo più bello".

«Erano molto determinati, si sono impegnati nella preparazione durante la quale li abbiamo controllati a distanza, facendo squadra con i medici che avevano in cura il paziente", spiega il dottor Ferraresso che di queste storie "tutte diverse" al Policlinico ne ha incrociate parecchie. "Il donatore più frequente è una donatrice", la donazione è spesso tra genitori e figli o tra fratelli, ma anche tra marito e moglie e in una decina di casi è stata tra persone legate da un altro affetto, come l’amicizia. Nei casi in cui esiste "un’incompatibilità immunologica" tra aspirante donatore e paziente c’è la possibilità di trapianti "cross over", che incrociano due o più coppie; e ci sono "samaritani" che regalando un rene a uno sconosciuto "innescano catene nazionali": sinora dal Policlinico ne sono partite due. Sul piano sanitario il rischio per chi dona un rene "è trascurabile e la qualità di vita inalterata, la nostra prima preoccupazione è che una persona sana lo rimanga", chiarisce Ferraresso. Queste storie, aggiunge il primario, potrebbero essere molte di più, "se più persone conoscessero questa opportunità, che a volte purtroppo non viene proposta a chi è in cura in centri dialisi un po’ “periferici“. Anche i pazienti spesso non hanno il coraggio di chiedere ai propri cari, per questo anche le famiglie dovrebbero essere sensibilizzate.

E aiutate: al Policlinico ci siamo dati l’obiettivo di preparare le coppie in tre mesi, al netto di problemi specifici, concentrando tutti gli esami che non possono essere effettuati nelle strutture che hanno in cura i pazienti in una settimana, con un ricovero di tre giorni".