
Milano elogiata dal quotidiano americano e da un magazine francese
Milano, 7 agosto 2018 - Meglio in vetrina che nel ripostiglio. E se è pur sempre un peccato, il padreterno chiuderà un occhio. Del resto, «la vanità – scriveva Jane Austen – è quello che vorremmo gli altri pensino di noi». Ed ecco cosa pensa di Milano uno dei più autorevoli giornali del pianeta, quel New York Times che da un po’ di tempo rivela una predilezione sfacciata per la «Italy’s fashion and business capital»: un posto elegante ma dove il lusso è accessibile.
Il richiamo è apparso sulla «prima» di ieri del quotidiano della Grande Mela. Con un rimando sui viaggi «Luxury for less», ovvero leggeri sul portafoglio: un paginone Travel e un servizio sulle top-destinations dove regalarsi una vacanza di lusso evitando di sborsare prezzi folli. Bontà loro, gli americani hanno tanto difetti, ma non quello del pessimismo. Certo, sono come i bambini: s’innamorano di tutto, perfino di una metropoli che francamente è difficile considerare «low cost». Tant’è. Sono i padroni di mezzo mondo e quindi – marketing oblige - vanno presi sul serio.
«Il lusso – spiega Shivani Vora che firma il reportage – può essere vissuto in due modi: sborsando un sacco di dollari oppure pagando il meno possibile». Con domanda retorica: «Potendo scegliere, non optereste per la seconda possibilità?». Ma certo! Ed ecco allora il responso. C’è Barcellona, c’è Hong Kong, ci sono New York, Mumbai e Parigi. E c’è Milano, che apre la pagina Travel con una grande foto scattata sui Navigli. E poi, via con le dritte, suffragate dalle segnalazioni di Luca Finardi, general manager del Mandarin Oriental Milan. Intanto il periodo migliore per visitare la Milano-chic: a novembre e dicembre, tariffe alberghiere più basse del 30% e atmosfera «lovely». «Milano – incalza il quotidiano newyorkese – è anche piena di ristoranti stellati e la cosa migliore è testarli al lunch quando i piatti d’autore sono più abbordabili rispetto alla sera». Esempio calzante: al Seta (2 stelle Michelin) a mezzogiorno siamo sui 70 euro, la sera sui 150. Con tanto di raccomandazione: «don’t miss», non perdetevi la tradizione milanese dell’aperitivo, anche perché – spiega Shivani Vora – si accompagna ad una gratificante disponibilità di «free food». Infine, due parole sullo shopping con i riflettori accesi su Brera e l’Isola; sui trasporti pubblici efficienti; e sul buon servizio di bike-sharing.
E siccome i regali non arrivano mai soli, è di questi giorni il dossier «Le città che fanno sognare» sul magazine economico francese «Challenges», speciale di una cinquantina di pagina con un ristretto elenco di città elette dove Milano (assieme a Torino) si fa largo tra Sydney, Chicago, Londra e Lisbona. Con tanto di titolo enfatico «La top-moderne» e un reportage dove si tesse l’elogio della Fondazione Prada e di Villa Necchi Campiglio, degli hotel di charme (Bulgari, Rosa Grand, etc.), dei ristoranti (Giacomo Arengario) e dei bar dove si celebrano il rito dell’aperitivo e l’arte della mixology (Camparino, Bar Basso, etc.). Un tripudio. Peraltro paradossale. Milano che ha spesso invidiato l’orto del vicino. E il vicino che adesso sostiene di invidiare il suo.