Ore 22.30 del 18 ottobre, siamo sulla A1 in direzione Bologna. All'altezza di Modena, una Stelvio Quadrifoglio si scontra con un'altra auto e si ribalta: il conducente trentottenne muore sul colpo. Oggi si scopre che quell'uomo, Saimir Gjoka, era il quinto componente della banda di ladri albanesi che in due settimane ha svaligiato almeno diciassette abitazioni in diverse province della Lombardia, anche se il numero complessivo dei raid potrebbe essere molto più alto.
Un gruppo molto aggressivo
I suoi quattro complici sono stati bloccati lunedì mattina dagli agenti della sezione Criminalità straniera della Squadra mobile coordinati dal dirigente Marco Calì e dal funzionario Giovanni Calagna, in esecuzione del fermo emesso dall'aggiunto Laura Pedio e dal pm Milda Milli. La delicatezza dell'operazione ha richiesto anche l'ausilio preventivo delle Uopi, le unità specializzate della polizia addestrate a intervenire in contesti potenzialmente pericolosi, anche se poi gli arresti sono stati effettuati senza particolari tensioni.
Il capo ai servizi sociali
Il presunto capo del gruppo criminale era affidato in prova ai servizi sociali e aveva l'obbligo di rientrare a casa entro le 23; per questo, la gang colpiva sempre tra le 17 e le 22, così da permettere al leader della banda di rispettare gli orari previsti dalla misura alternativa alla detenzione. Non c'era una particolare attenzione agli obiettivi da colpire: i ladri prendevano di mira le case con le luci spente, presumendo che i proprietari fossero fuori, ma se poi ne intuivano la presenza cambiavano subito bersaglio. Di frequente, hanno incrociato sulla loro strada pattuglie delle forze dell'ordine, ma i controlli non li spaventavano: si spostavano semplicemente di poche centinaia di metri e riprendevano le razzie, anche sette-otto in un solo pomeriggio.
I bolidi e l'ago di pino nel box
Il gruppo si muoveva a bordo di auto di grossa cilindrata, una Stelvio Quadrifoglio verde e un'Audi Rs3, con targhe clonate per evitare gli occhi elettronici a presidio dei varchi cittadini. Le macchine venivano sottoposte a bonifiche continue per intercettare le cimici degli investigatori: in un'occasione, un veicolo è stato dato alle fiamme dopo aver scoperto un microfono. I ladri erano così accorti che sistemavano alcuni oggetti nei garage (un ago di pino e un pezzo di scotch) e ne fotografavano la posizione precisa, così da accorgersi di eventuali visite indesiderate.
Le perquisizioni e gli altri colpi
Nel corso delle perquisizioni nelle abitazioni di Paderno Dugnano, Varedo e Limbiate, gli investigatori hanno sequestrato quasi 50mila euro e diversi monili. La banda aveva costante bisogno di liquidità, un po' per sostenere le spese legali in caso di arresti un po' per inviare denaro alle famiglie delle persone finite in carcere; in più, un componente del gruppo aveva contratto diversi debiti e quindi aveva continua necessità di contanti per saldare i conti coi creditori. Le indagini della Mobile stanno andando avanti per capire quante altre volte sia entrato in azione il gruppo di ladri: il numero di colpi, a giudicare dalle denunce che stanno arrivando in via Fatebenefratelli dal resto della Regione e pure dal Veneto, potrebbe salire fino a quaranta.