Sono andati a caccia di Made in Italy nei bauli delle nonne e delle mamme e lo hanno fatto sfilare insieme a cappotti di cammello iconici degli anni Settanta, Ottanta, Novanta e Duemila, firmati Max Mara. Così gli studenti della Iulm hanno festeggiato i primi vent’anni del master in Management del Made in Italy, il primo ad affondare le radici nella moda nell’ateneo di via Carlo Bo. Per ricordarlo, per la prima volta l’università della comunicazione ha organizzato una sfilata curata in ogni dettaglio, anticipata dalla proiezione di un docufilm che ha mostrato il dietro le quinte di questa ricerca.
Tra testimonianze e mestieri, ieri è salita in passerella anche la storia del master, nato nel 2004 "per presidiare anche l’area della moda e degli accessori dal punto di vista della comunicazione e del management come pure della creatività, anche se non formiamo stilisti e non è una scuola di moda classica", spiega il direttore Mauro Ferraresi. È nata poi la triennale in Moda e Industrie creative, che ha sfornato questa estate i primi laureati ed è pronta al debutto una magistrale in lingua inglese, dedicata al lusso e alla comunicazione del settore moda: aprirà a ottobre 2024, con un centinaio di posti. "Abbiamo un polo della comunicazione e del management della moda molto articolato adesso e funziona perché il Made in Italy si fonda sull’imparare facendo: qui il contatto con le aziende e le maison è stretto già in aula e poi con stage, progetti e study tour in tutto il mondo".
Il messaggio è anche alle scuole superiori, con quel liceo del Made in Italy che fa fatica a decollare: "Non può essere solo teorico – sottolinea Ferraresi – e attenzione a non rimanere indietro, raccontando il made in Italy del passato. Oggi c’è una sensibilità diversa riguardo alla sostenibilità rispetto a cinque anni fa: non si può non fare i conti anche con l’intelligenza artificiale". Simona Ballatore