
Lode alla moda green. Lo stile di Beatrice: "Così cucio il mio sogno"
"Ho sempre amato la moda, sin da piccola". E quella passione - coltivata ritagliando figurini e ammirando la nonna che ricamava - ha portato Beatrice Carena fin qui, alle porte dell’istituto Caterina da Siena, dal quale si congeda ora con uno dei primissimi 100 lode di questa maturità e con il diploma in Progettazione per l’industria e l’artigianato. Per il “passo d’addio“ ha portato con sé un completo Chanel che ha disegnato e cucito su misura. "Così potrò indossarlo e ricordare questo percorso".
Com’è nata questa passione?
"Da bambina disegnavo tantissimo, mi piaceva creare abiti che ritagliavo e incollavo ovunque. Un’insegnante delle medie mi ha indirizzato qui, al Caterina da Siena, dove ho avuto la conferma: è quello che voglio fare. Alle superiori ho cominciato a cucire, ho imparato a scuola e grazie a mia nonna Anna".
Si aspettava di chiudere in bellezza con la lode?
"La maturità è stata impegnativa da subito. Dopo gli iscritti puntavo al 100 perché avevo preso il massimo sia per il tema che alla seconda prova, ma non mi sarei mai aspettata la lode".
I suoi professori hanno detto che è meritatissima, non solo per lo studio: ha sempre dato una mano a tutti, in silenzio, con umiltà, sin dalla prima.
"Mi piace aiutare gli altri, rendermi utile. E ringrazio i miei professori che mi sono sempre stati vicini".
Torniamo al tema.
"Ungaretti. Per molti la traccia più difficile, per me la migliore: abbiamo studiato bene gli autori".
Cos’ha trovato nella seconda prova?
"Gli anni Sessanta. Da noi dura due giorni: prima abbiamo dovuto creare gli schizzi e poi cucire e realizzare l’abito. Io sono partita da un abito a trapezio con fantasie a righe, accompagnato da stivali alti fino al ginocchio"
Cos’ha presentato come Capolavoro?
"Ne ho portati due. L’abito ’Madre natura’, che ho realizzato l’anno scorso per il concorso Junk Kouture, con materiali riciclati, sassi e legnetti e il book di modellistica, con i cartamodelli dei diversi capi".
Qual è stato lo spunto per l’orale?
"Un’immagine di matematica: un grafico che parlava della fast fashion. Compriamo sempre più capi, le occasioni per usarli sono sempre meno. Ho parlato di fibre sostenibili e mi sono collegata alla prima guerra mondiale".
Perché?
"Perché i soldati usavano la fibra di ortica in sostituzione del cotone. In inglese ho ricordato Vivienne Westwood, pioniera della moda sostenibile".
Quest’anno ha visto sfilare anche le sue creazioni.
"Ho partecipato al concorso internazionale Junk Kouture con un abito che ho creato insieme a due mie compagne e siamo arrivate in finale a Montecarlo. Un’esperienza bellissima: sono stati presentati 60 abiti di sei nazioni in tutto il mondo. Il nostro si chiama “Altamarea“, è realizzato interamente in plastica riciclata. Abbiamo creato onde geometriche per ricordare il mare, con sacchetti bianchi e blu".
Complicato realizzarlo?
"Sì, la plastica è più difficile da lavorare. Lo abbiamo cucito ’a macchina’ come fosse un tessuto normale e alla fine abbiamo anche inserito delle luci a Led. Quando la modella - una mia compagna - è uscita sul palco avvolta di luce è stato emozionantissimo. Avevo partecipato anche a un altro progetto di design quest’anno e ho vinto una borsa di studio alla Naba. Ci hanno chiesto di disegnare un abito ispirato a Coco Chanel, con figurini e schede tecniche. Sono arrivata in finale e ho vinto questo premio speciale, che coprirà il 35% della retta".
E le aprirà le porte dell’accademia?
"Sì, studierò lì Fashion design da settembre. Quando sono andata a ritirare il premio hanno organizzato una sfilata: la scuola di Urbania ha realizzato un dei due abiti che avevo disegnato".
Qual è l’obiettivo dopo la laurea?
"A me piace tutto della moda, sia disegnare che creare abiti. Sogno un lavoro molto dinamico, in cui poter curare più cose contemporaneamente".