L’occasione perduta delle vie d’acqua

Empio

Malara

È mancata e manca la pioggia, l’apporto dei ghiacciai è sempre più misero, soffrono i laghi Maggiore e di Como e, dalle dighe, che regolano la portata dei fiumi, dove i laghi cessano e riprendono la corsa il Ticino e l’Adda, passa e passerà, se non arriva la neve e la pioggia, sempre meno acqua. Il Naviglio Grande già ridotto di portata, in agosto potrebbe restare senz’acqua ripetendo il rallentamento dell’economia e il desolante spettacolo d’una asciutta prolungata come quella dell’agosto del 1585. Più di quattro secoli fa, a causa delle piogge in anticipo sull’autunno, un’onda di piena del Ticino più potente del solito, dapprima ruppe le opere di presidio dello sperone e subito dopo lo squarciò, lasciando il Naviglio Grande all’asciutto.

All’improvviso tutte le attività che il Naviglio alimentava cessarono di colpo: i prati restarono senz’acqua; le ruote idrauliche si fermarono; i barcheggi da carico verso Milano si arenarono sul letto del Naviglio tra tinche, carpe e cavedani moribonde. Le lavandaie con i panni insaponati si domandavano come mai non c’era più acqua. Ma allora, grazie all’ingegno di Giuseppe Meda, dopo qualche mese lo sperone venne ricostruito e l’acqua tornò copiosa nel Naviglio mentre oggi non resta che la mia malinconia di non essere riuscito, quando vi era l’acqua, a riaprire nemmeno un tratto dei Navigli, nemmeno la riconnessione tra la conca della Fabbrica del Duomo e la Darsena, proposta dagli Amici dei Navigli nel lontano 1968. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti! Non mi consola il fatto di essere consapevole che, in mancanza d’acqua, sarà difficile vedere realizzata la riconnessione coltivata da decenni, una passione continuativa, un desiderio profondo degli Amici dei Navigli. Che malinconia! E che inquietudine! In chi avverte l’arrivo della disfatta, il dolore della sconfitta fino al punto da far emergere dal dolore una luce, una speranza (o è forse un’illusione): abbondanza di neve e acqua, ricolmi di nuovo i laghi Maggiore e di Como, e dalle dighe acqua sufficiente per alimentare fiumi, canali, navigli e darsene e per rivalutare la monumentale conca della Fabbrica e ridare vita all’unico simbolo religioso e civile di Milano.

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