
Lo street artist Pao: "I palazzi tutti uguali?. Fanno ammalare"
Famoso per i suoi “pinguini“ disegnati sui panettoni di cemento, per i mondi da fiaba che crea spezzando il grigio tra i palazzi, l’artista Pao, all’anagrafe Paolo Bordino, ha portato colore anche sulla facciata del palazzone popolare di via Amoretti 12 a Quarto Oggiaro con l’opera “Siamo tutti sullo stesso ramo“, un murale di 18 metri in cui campeggia un grande albero fiorito abitato da uccelli con colori sgargianti, simbolo di rinascita e inclusione.
Che cosa rappresenta l’arte sul muro di una palazzina in una periferia difficile?
"I murales creano appartenenza, trasformano un luogo che è anonimo e senza personalità in qualcosa di unico. E succede di colpo, da un giorno all’altro. Questa trasformazione è apprezzata dalle persone che vivono in quel determinato luogo proprio perché percepiscono il cambiamento, questa unicità, e se ne sentono parte. Iniziano a dire “io abito in quella casa dipinta“ per indicare il posto in cui vivono, e lo dicono con orgoglio. Nei quartieri di edilizia residenziale pubblica questo atteggiamento è ancora più evidente perché il colore crea una rottura tra le costruzioni di massa, tra palazzi tutti uguali. Basta un elemento, qualcosa di particolare che renda unica l’architettura, e tutto improvvisamente cambia".
Questo ha ripercussioni positive anche sulla vita della gente?
"Indubbiamente. Io penso che le facciate “lisce“ (senza peculiarità architettoniche, senza fregi, senza disegni, per andare al risparmio) e tutte uguali facciano ammalare. Non c’è paragone con quelle “mosse“. Mi viene in mente il complesso di case popolari di Vienna, opera dell’architetto e artista Friedensreich Hundertwasser: ogni finestra è diversa, ogni porzione di muro ha una sua identità. Addirittura lui combatteva l’“Apartheid delle finestre“, concetto suo, contro l’uniformità persino degli infissi. Contro l’economia di scala. Ora, senza arrivare a questo estremismo, io sono convinto che la street art sia preziosa perché rende unici e riconoscibili dei luoghi prima anonimi. E l’arte può aiutare soprattutto se non arriva come progetto calato dall’alto ma coinvolge gli stessi cittadini".
Lei ha coinvolto gli abitanti dei quartieri?
"Sì, molto spesso. Penso per esempio al muretto del giardinetto dipinto in via Cesariano (vicino al Parco Sempione, ndr) e ai tanti workshop nei quartieri. A Quarto Oggiaro ho dipinto insieme ai ragazzi i vasi che si trovano in piazzetta Capuana, uno dei luoghi di ritrovo della zona. La street art non solo abbellisce un luogo degradato o semplicemente vuoto ma crea opportunità di riscatto, fa sentire ciascuna persona importante".
L’idea di “Siamo tutti sullo stesso ramo“ è stata sua?
"Sì, poi l’opera è stata donata alla città grazie all’imprenditore filantropo Cristian Trio. I passerotti sono come noi, diversi l’uno con l’altro (sono fatti di foglie e di fiori), e questo valorizza anche la diversità di ciascuno in un quartiere multietnico, spingendo all’inclusione".
Il suo prossimo progetto?
Lunedì (domani, ndr) sarò a Lugano e realizzerò un lavoro incentrato sulla libertà di stampa e di espressione trasformando i cestini dei rifiuti in lattine di bevande speciali, con nomi particolari. Per esempio “Cola freespeech“ e “Democracy fuel“".
M.V.