
Nel progressivo ritorno al lavoro in ufficio, dopo due anni di smart working d’emergenza, le aziende stanno procedendo in ordine sparso, tra irrigidimenti, fughe in avanti e trattative sindacali. L’ultima protesta è esplosa nel colosso farmaceutico Dompé, con quartier generale milanese in via Santa Lucia, nella zona dell’Università Bocconi. "La Dompé Farmaceutici sta da tempo portando avanti azioni unilaterali in materia di lavoro agile – si legge in una nota della Filctem Cgil – rifiutando accordi collettivi che consentirebbero, tra i lavoratori, parità di trattamento e regole condivise su criteri e modalità. La scelta aziendale di “concedere“ il lavoro agile solo
con accordi individuali, come elemento premiante per lavoratrici e lavoratori anziché come una progredita e ormai non rinviabile modalità per lo svolgimento dell’attività lavorativa, è un comportamento che ci sembra del tutto fuori dal tempo". Il sindacato chiede quindi di "aprire un confronto finalizzato alla sottoscrizione di un accordo collettivo" negli stabilimenti di Milano, L’Aquila e Napoli.
Altre vertenze si sono aperte in multinazionali di vari settori, colossi del settore bancario e assicurativo in una fase di transizione dal lavoro a distanza d’emergenza prorogato fino al 30 giugno a uno smart working strutturale e regolato. A fine marzo, ad esempio, i sindacati avevano scritto una lettera unitaria ai vertici dell’istituto di credito Bff Bank sul tema dei controlli a distanza su chi lavora fuori ufficio. La maggior parte delle aziende sta proseguendo intanto con una modalità mista di lavoro in presenza e a distanza, anche di fronte a una situazione sanitaria che non consente ancora di decretare la fine della pandemia.
A.G.