di Nicola Palma
Un altro professore universitario condannato per le consulenze esterne effettuate a dispetto del rapporto esclusivo con l’ateneo di riferimento. Dopo la sentenza del maggio scorso, che ha imposto al super esperto di sicurezza stradale Marco Anghileri di risarcire 774mila euro al Politecnico, nei giorni scorsi la stessa sorte è toccata a Luigi Coppola, professore associato del Dipartimento di Ingegneria e scienze applicate dell’Università di Bergamo: la Corte dei Conti ha stabilito la restituzione al polo accademico di 450mila euro per gli incarichi esterni tra il 2012 (39) e il 2013 (20). Nominato il primo febbraio 2005, Coppola optò per il regime a tempo pieno (salvo poi passare al tempo definito il 30 settembre 2013), "percependo il relativo trattamento economico"; e il primo ottobre dello stesso anno aprì una partita Iva per il suo studio privato da ingegnere, con ufficio in via Pinerolo, a San Siro.
Il 23 maggio 2018, è arrivata sul tavolo della Procura contabile una segnalazione della Guardia di Finanza sulle "varie attività libero-professionali" svolte da Coppola nel periodo in cui è stato prof a tempo pieno: in particolare, i magistrati si sono concentrati sul periodo 2012-2013, ricostruendo entrate per 609.314,44 euro; non contestati gli introiti del periodo 2005-2011 (circa un milione di euro) "per l’impossibilità di scrutinare singolarmente gli incarichi e contestarli analiticamente". A quei 609mila euro, la Procura ha aggiunto i 110mila euro di differenza retributiva tra il trattamento economico da docente a tempo pieno e quello da docente a tempo definito, ipotizzando quindi che il lavoro extra non avesse consentito al prof di assolvere appieno i suoi compiti in ateneo. Dal canto suo, Coppola ha cercato di chiudere la partita versando circa 86mila euro, pari al 12% della cifra richiesta. Un’istanza rigettata dopo il parere negativo dei pm, motivato "sulla base della considerazione che il rito abbreviato è inammissibile nei casi di doloso arricchimento del danneggiante". Nel merito, poi, il docente ha riferito di aver informato nel 2005 il rettore di aver aperto la partita Iva; di aver sempre dichiarato quei redditi; di aver più volte comunicato all’ateneo ciò che avrebbe fatto, ottenendo le relative autorizzazioni; di aver svolto attività che "pacificamente rientrano nell’accezione più restrittiva del termine “consulenza“ come oggi interpretato dalla giurisprudenza"; di non aver sottratto "nessuna energia" ai suoi studenti. I giudici si sono dovuti confrontare ancora una volta sull’interpretazione della legge Gelmini del 2010, che da un lato ha confermato il divieto per i prof a tempo pieno di svolgere attività libero-professionali, ma dall’altro ha comunque aperto alla possibilità di svolgere liberamente e con retribuzione "attività di valutazione e di referaggio, attività di collaborazione e divulgazione scientifica e, significativamente, attività di consulenza esterna".
Il discrimine è stato individuato pure stavolta nei criteri della saltuarietà e dell’occasionalità, escludendo che un’attività che si trasforma in "un ulteriore lavoro stabile", come nel caso di Coppola, possa essere ritenuta compatibile col ruolo di docente a tempo pieno. Dal computo sono stati però sottratti i 28mila euro di 7 fatture relative a incarichi del 2011, i 120 euro incassati per la partecipazione a un seminario in un liceo e gli 11mila relativi a un incarico da perito in una causa. Alla nuova cifra ottenuta, 569.334,29 euro, è stata sommata la differenza di stipendio tra tempo pieno e tempo definito dell’anno 2012-2013 (28.886,68 euro). Il totale: 596mia euro. Infine, è stato adottato un ulteriore “sconto“ di 146mila euro, idealmente addebitato all’Università di Bergamo per non aver adeguato informato i suoi docenti sulla "disciplina in materia" e per non aver effettuato "efficaci verifiche sugli incarichi".