Vittime della mafia, la “sana rabbia” delle 500 famiglie in marcia con Libera

Assemblea nazionale in Statale, don Ciotti: "Non dobbiamo scoraggiarci e mollare, lo dobbiamo alle persone care che non ci sono più”

Don Luigi Ciotti

Don Luigi Ciotti

Milano - “Volti, storie, fatiche e anche una sana rabbia. Perché ci si arrabbia per le cose che si amano. Non dobbiamo scoraggiarci e mollare, lo dobbiamo alle persone care che non ci sono più”. Così don Luigi Ciotti incoraggia le famiglie delle vittime innocenti della mafia: sono arrivate in 500 a Milano per l’assemblea nazionale di Libera e per il corteo che domani si chiuderà in Duomo dove saranno letti i nomi di tutti e 1.069 ai quali si aggiungeranno i morti del naufragio di Cutro.

"Nomi che ricordiamo perché devono entrarci dentro", ricorda ancora don Ciotti, davanti a mogli, figli e nipoti che per la prima volta si sono radunati in un’università, la Statale. Lo ha fortemente voluto Nando dalla Chiesa, lo ha condiviso l’ateneo tutto, con il rettore Elio Franzini a ricordare l’impegno: "L’università deve fare ancora di più per studiare il fenomeno della criminalità organizzata. Ma lo studio non è nulla se non vive accanto all’esperienza di chi ha subito la mafia sulla sua carne: la nostra università sarà sempre aperta a ciascuno di voi".

Mentre il presidente di Libera ricorda "la bellezza di venire in un luogo della cultura, perché è la cultura che dà una sveglia, che gratta le coscienze", a maggior ragione se "il clima è cambiato e domina l’indifferenza".

C’è il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ad accogliere i familiari e a ringraziare Libera di essere tornata in città, 13 anni dopo. "Perché è il trentesimo anniversario della strage di via Palestro, che ha colpito al cuore di Milano, che ha scatenato la rivolta morale dei milanesi. Per Lea Garofalo, simbolo della lotta alla mafia".

Sala ha ricordato l’impegno nel riutilizzo degli spazi confiscati, ma anche il rischio di infiltrazioni: "Stiamo facendo tanti investimenti, rifacendo gli scali ferroviari, abbiamo le Olimpiadi invernali, i progetti col Pnrr: è evidente che tutto ciò richiama l’attenzione di malintenzionati, della criminalità organizzata. Ma non vuol dire che per paura non faremo nulla, dobbiamo fare e dire forte che per la mafia non c’è spazio".

Nell’aula magna della Statale si inseguono testimonianze e appelli. C’è Giovanni Damiano, dalla provincia di Cuneo, a ricordare papà Amedeo gambizzato nell’87 sotto casa perché non si piegava a regole mafiose nella sanità. "E pensare che aveva lasciato la Milano dei cortei e delle Br per assicurarci una vita migliore - ricorda il figlio - Ogni tanto mi chiedo cosa sarebbe successo se fosse rimasto. Che senso ha per noi essere qui oggi? Abbiamo un comune dolore, un vissuto tragico che ci unisce. Passo anch’io la notte a rincorrere fotogrammi di ricordi. L’80% di noi non ha né verità né giustizia o una giustizia parziale. Dobbiamo chiederle con forza insieme".

Fra i presenti c’è Anna Motta che chiede verità per Mario Paciolla, trovato morto in Colombia il 15 luglio 2020. C’è Luigi Montana, nipote del commissario Beppe Montana. "Ma oggi sono qui anche in qualità di figlio di Dario - dice - Che mi ha fatto respirare la storia di mio zio, riuscendo a trasformare il dolore in impegno. Noi parenti di seconda generazione viviamo un lutto che no n abbiamo vissuto, dobbiamo prenderci la responsabilità di fare memoria. Portateci con voi nelle scuole".

Roberta Iannì porta agli studenti la storia di suo papà, Carmelo, fatta conoscere anche da Pif ne “La mafia uccide solo d’estate“: ha creato un’app, NoMa, per fare conoscere nomi delle vittime e luoghi. Ci sono il nipote del commissario Borrelli ucciso a Cutro nell’82, c’è Franca Ferrami, sorella di Lucio, l’imprenditore originario di Cremona ucciso in Calabria per non essersi piegato ai ricatti, e c’è il "papà coraggio" Vincenzo Agostino, padre del poliziotto Nino, che intravede giustizia 34 anni dopo: "Non arrendiamoci".

In serata tutti hanno partecipato alla veglia ecumenica, organizzata dal consiglio delle chiese cristiane. "È necessaria una resistenza analitica di fronte a ogni pertugio attraverso il quale possa insinuarsi il denaro mafioso, il ricatto, l’approfittarsi di aziende e persone - dice l’arcivescovo Mario Delpini, a margine -. C’è un tema che si chiama resistenza e uno che si chiama denuncia e risveglio delle coscienze".

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro