"Lele mi ha dato tante soddisfazioni E ora sogno di fare un film d’azione"

Riccardo De Rinaldis, 24enne pavese, protagonista su Rai Uno di “Vivere non è un gioco da ragazzi“: "Ero molto emozionato, la prima puntata l’ho vista da solo. I miei genitori? Sono i miei primi fan...".

"Lele mi ha dato tante soddisfazioni  E ora sogno di fare un film d’azione"

"Lele mi ha dato tante soddisfazioni E ora sogno di fare un film d’azione"

di Laura Mosca

"Niente paste, non prendiamole, stasera voglio solo passarla con te". Giovane, segni particolari bello e talentuoso, e con una dichiarazione così, dal fascino intramontabile del bravo ragazzo, cosa si vuole di più? Da ogni prospettiva da cui lo si guardi Riccardo De Rinaldis Santorelli sembra proprio avercele tutte. Lo ha ribadito nella serie, che si è conclusa il 23 maggio su Rai Uno, in cui è stato protagonista. Riccardo, 24 anni, è a Pavia, ma oggi vive a Roma, ha esordito sul piccolo schermo con "Non mentire", poi ha recitato in "Don Matteo". È approdato anche a "Doc–Nelle tue mani", per prendere poi parte a "Luce nei tuoi occhi". In"Vivere non è un gioco da ragazzi"è Lele, il diciottenne, appassionato di poesia, di umili origini, che frequenta il liceo con i figli dell’élite bolognese ed è innamorato di Serena, perfetta reginetta della scuola. Invitato una sera in discoteca da Serena e dal suo gruppo di amici, Lele per fare colpo su di lei prende una pasticca di Mdma. E da lì è la discesa verso gli inferi che lo vedrà coinvolto nella morte di un compagno di scuola.

Con chi si è goduto il ritorno in prima serata su Rai Uno?

"Ero molto emozionato. Ho visto la prima puntata da solo, la mia coinquilina era fuori e i miei genitori a Pavia, ma mia mamma la serie se l’era già divorata su Rai Play. I commenti che ho ricevuto, anche dagli addetti ai lavori, sono stati tutti positivi, contando che il progetto all’inizio è un po’ difficile, sia per il tema che per il ritmo. Comincia in sordina e poi arriva la mazzata finale sui denti".

Droga e giovani, temi centrali in questo progetto. Cosa ne pensa?

"Che non se ne parli abbastanza. Le droghe sono sempre droghe, leggere o pesanti. Noi raccontiamo una faccia dell’uso di sostanze, legata allo sballo dei giovani. Ma anche in prima persona ho conoscenti a cui voglio molto bene che alla droga ci sono arrivati per estraniarsi dalla vita reale, per un senso di inadeguatezza, tristezza, per aver vissuto dei traumi. Dietro la droga c’è quasi sempre un disagio profondo che porta a una dipendenza. Non è facile, ma bisogna trovare la forza di chiedere aiuto". La storia che raccontate sullo schermo è una storia di formazione che passa dal rapporto con la famiglia. La sua famiglia l’ha capita e supportata da subito nella recitazione?

"Sono i miei primi fan. Si sono sbattuti tantissimo fin dall’inizio per sostenermi, per permettermi di fare Pavia – Roma per lo studio e per i provini. Vedevano in me quel potenziale che ancora io invece non avevo colto. Anche oggi sono sempre al mio fianco e non posso essere più grato di così. Grazie a loro mi sono innamorato di questa professione mentre la sperimentavo". Allora è proprio un bravo ragazzo?

"Più di Lele (sorride). Al contrario di lui non faccio cose azzardate, anzi ci penso diecimila volte prima di prendere una decisione. Sono sempre stato tranquillo e disciplinato. Sarà che ho praticato e amo le arti marziali e la filosofia che ci sta dietro. Sogno di fare un film d’azione...".

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