
Un momento di quotidianità all’interno di uno dei rifugi I giovani arrivano da diverse regioni italiane e pure dall’estero
Milano – "Sono Luca, ho 22 anni e sono un ragazzo gay. Vengo da un piccolo paese della Basilicata. Di quelli in cui cresci sapendo già chi sarai, cosa farai, chi sposerai. Solo che io non rientravo in nessuno di quei piani". Comincia così la testimonianza di uno dei ragazzi ospitati in una delle Case Arcobaleno. Un giovane che per troppo tempo si è “sentito sbagliato“ nella casa in cui è cresciuto. Nel rifugio è arrivato grazie a una sua professoressa, l’unica ad averlo aiutato. Racconta del suo doloroso coming out, di quando per la prima volta ha rivelato in famiglia "Sono gay". L’ha detto e poi "non so bene cosa sia successo. Uno spintone. Sono caduto. La fronte ha sbattuto sullo spigolo della porta. In ospedale hanno detto “trauma lieve”, qualche punto. Ma dentro si è rotto tutto".
Così è approdato a Casa Arcobaleno, a Milano, dove "ho ripreso piano piano a vivere". Cosa sogna? "Sto cercando lavoro. Sto provando a migliorare". Non è semplice. "Il colore che sento più vicino a me è il blu, come i lividi che ho avuto in faccia. Ma anche come il cielo il primo giorno che ho dormito senza paura. Con la mia famiglia oggi non ho rapporti. La mia speranza? Poter essere amato senza sentirmi sbagliato. Parlare ancora oggi di discriminazione fa rabbia. Perché ci siamo. Esistiamo. E non dovrebbe servire un permesso per essere sé stessi".
Il pensiero che accomuna tutti coloro che vengono accolti a Casa Arcobaleno. Le ferite bruciano sempre. Come quelle di Sarah, che ha 20 anni ed è una ragazza transgender. "Sono nata in un corpo maschile ma io mi sentivo femmina. Avevo appena fatto 18 anni quando ho trovato le parole per dire chi ero. Dopo poche settimane una mattina mia madre mi ha detto che me ne dovevo andare. Mi ha cacciata". Ha cercato ospitalità da un’amica. Poi la madre l’ha cercata, "voleva riprovarci. Ci ho creduto". Ma tutto si è spezzato di nuovo. "Una volta mi ha detto: “Sei una vergogna che cammina.” Poi è arrivata la violenza fisica. Una spinta, uno schiaffo e ho capito che se volevo salvarmi, dovevo andarmene davvero".
Ha lottato, finché a Casa Arcobaleno "ho cominciato a rimettere insieme i pezzi. Con l’équipe educativa ho ripreso gli studi. Ogni giorno imparo qualcosa: a cucinare, a gestire i documenti, a fare la lavatrice. Sto facendo uno stage in un posto che ha a che fare con il mondo del make-up. Mi piace il grigio, è un colore elegante, anche se mi fa pensare alle giornate in cui mi sembrava che non ci fosse via d’uscita. Ma ce la sto facendo. Con i miei genitori oggi non ho contatti. Non so se il mondo cambierà in fretta ma so che ogni gesto conta. Ogni sguardo che non giudica, ogni porta aperta".
Ciò che spera anche Elisa: "Ho 23 anni, sono lesbica e vengo da una piccola città della Romania. Oggi vivo a Milano e lavoro in una lavanderia industriale". Ricorda la sua adolescenza da incubo: "Una volta, avevo sedici anni, mia madre mi ha sorpresa mentre guardavo un video su due ragazze che si erano sposate in Spagna. Mi ha strappato il telefono di mano e per giorni non mi ha rivolto la parola". Poi "a 19 anni, ho iniziato a parlare con altre ragazze tramite i social. Alcune erano lesbiche. Mi sentivo al sicuro. Una di loro, italiana, mi ha detto: “Perché non vai via? Qui puoi essere te stessa”. Ho preparato una valigia di notte e sono partita".
Il viaggio non è stato facile, "ho capito cosa vuol dire non avere nessuno. Essere vista come un corpo, sola, con pochi soldi e tanta paura. Ho imparato che la fuga ha un prezzo". Ma può anche portare alla serenità. "Casa Arcobaleno è stata la mia prima casa vera". Dove finalmente si è sentita accolta. "Oggi ho una stanza mia. Pago l’affitto. Ho persone che mi vogliono bene per come sono. Se devo pensare a un colore dico il rosso, come la vergogna che ho provato ma anche la forza che mi ha salvato. Bisogna smettere di parlare di “diversità” come fosse una colpa. Siamo persone. E meritiamo di essere trattate così".

La Lombardia si prepara a celebrare l’orgoglio e i diritti della comunità LGBTQIA+ con una serie di eventi che trasformeranno le principali città della Regione in palcoscenici di inclusività e libertà. L’estate 2025 si preannuncia particolarmente ricca di appuntamenti, con Milano che ancora una volta farà da capofila con la Pride Week, in programma dal 25 al 29 giugno con eventi diffusi culminanti nella tradizionale parata del 28 giugno.
Il capoluogo lombardo non sarà però l’unico protagonista: Lecco, Bergamo, Lodi, Varese e Brescia ospiteranno manifestazioni dedicate alla celebrazione della diversità e alla rivendicazione dei diritti civili. Questi eventi rappresentano molto più di semplici celebrazioni: sono momenti fondamentali di visibilità, confronto politico e costruzione di una società più equa e accogliente, che coinvolgono migliaia di persone tra cittadini, associazioni e istituzioni. Nelle prossime schede, sono indicate le date, gli orari e gli eventi programmati in Lombardia.