
Fedele all’appuntamento di ogni anno, Simona Dellavedova (foto) è in libreria con “Il filo rosso”, quarto romanzo dopo “L’intreccio del destino”, “I nodi dell’amore”, “La danza dei girasoli”. Il titolo è tratto da una leggenda orientale: ogni persona ha su di sé un invisibile filo rosso che la lega alla sua anima gemella, senza tenere conto della distanza, della differenza di età, del colore della pelle. Presto o tardi si troveranno. "La prima parte - dice Simona Dellavedova - è la storia di un’adozione, quella di Filippo e Virginia che, non potendo avere figli, lottano e soffrono, soprattutto la donna, per adottare un bambino. Ho un amico che ha vissuto questa esperienza fino a quando con la moglie non sono riusciti ad adottare un bambino, cambogiano come Sothy, il bambino del romanzo. È lui il filo rosso. La seconda parte è sulla coppia, la difficoltà, il tradimento. Ma anche l’amicizia, come quella di due amiche di Virginia che le sono vicine e l’aiutano".
Come sempre l’ambientazione è Parabiago, ma ci sono anche Milano e altri posti. "È nella piazza di Parabiago che nella protagonista s’insinua il primo dubbio sul marito. Ci sono strade illuminate viste dal balcone. Nessuna è citata con il suo nome, ma il lettore capisce che le conosco ed è in grado di riconoscerle a sua volta. Poi ognuno se le immagina come vuole. Ambientare le storie nella mia cittadina mi dà una sensazione di sicurezza. Conosco la realtà, quella bella e quella brutta. Ci sono tante città meravigliose, grandi, ma rischiano di apparire troppo fantastiche. Mentre parlare di una piccola città rende tutto più credibile. L’accoglienza è sempre stata ottima. C’è il lettore di thriller che dice di non apprezzare il mio genere. Ci sta. Però, devo dire che anche certe critiche mi hanno aiutato a riflettere".
Che tipo di lettore è il parabiaghese? "I miei romanzi sono letti soprattutto dalle donne. Gli uomini non si sbilanciano a leggere romanzi d’amore. Però le osservazioni più acute mi sono arrivate da loro. Anche perché sono romanzi per tutti, che si possono leggere al mercato, al bar facendo un aperitivo".
Gabriele Moroni