Cassano d’Adda (Milano) – Le temperature sono parecchi gradi oltre la media in questi giorni d’agosto e l’acqua del fiume invita a tuffarsi, apparentemente senza pericoli. Tali condizioni hanno convinto tante persone a entrare in acqua per un bagno rinfrescante, con buona pace dei divieti. A una sola settimana della tragedia per la morte del 24enne Mahmoud Ahmed Bakry, le acque del fiume al Pignone nella frazione cassanese di Groppello, nello stesso punto dove la corrente ha trascinato via il giovane egiziano, sono state ancora invase da bagnanti.
"Purtroppo la voglia di svago e di refrigerio durante il periodo estivo – commenta il sindaco Fabio Colombo – fa dimenticare le disgrazie e nello stresso tempo sottovalutare i pericoli del fiume, specialmente per chi non conosce le sue insidie. Il divieto di balneazione ha l’intento di tutelare la vita delle persone. Sappiamo bene che tali restrizioni scontentano molti, ma ritengo che la vita umana valga decisamente di più delle proteste di chi si sente danneggiato da simili provvedimenti". Sono in molti, poi, a sollevare la questione della scarsa presenza della polizia locale lungo i corsi fluviali, un problema che parrebbe legato alla mancanza di personale al comando di Cassano d’Adda.
Una situazione ben nota al primo cittadino. Per far fronte al problema, il sindaco ha infatti più volte chiesto alla prefettura l’invio di personale delle forze dell’ordine per monitorare le sponde dell’Adda, fino a chiedere la presenza dei militari dell’esercito. Al momento si deve però accontentare della presenza di guardie giurate sulle rive e sommozzatori di Treviglio in acqua sui gommoni. Personale di controllo che senza la presenza degli agenti di polizia locale, hanno però un compito più che altro informativo. Eventuali azioni sanzionatorie sul mancato rispetto di ordinanze e divieti di balneazione, infatti, sono possibili solo da parte della polizia locale. Accade così che l’invito a non entrare o a uscire dall’acqua venga ignorato o addirittura accolto da risate o insulti.
Una questione, quella del non rispetto dei divieti, sempre più centrale. Ai cori sulla richiesta di maggiori controlli, si uniscono quelli di chi invoca pari trattamento rispetto a ciò che accade in alta montagna, con richieste di pagamento per l’intervento dei soccorritori se allertati per il comportamento irresponsabile di chi chiede aiuto. "Su questo argomento – conclude il primo cittadino – concordo sul fatto che chi mette in pericolo la propria vita in modo disinvolto, incurante degli avvisi di divieto, dovrebbe rifondere alla collettività i costi per l’impegno di uomini e risorse messe a disposizione in caso di emergenza".