
L’avvocato in prima linea: "Giovani atleti più vulnerabili. Non buttatevi via, denunciate"
"Tutte le volte in cui mi sono confrontato con i giocatori, anche nei periodi più “caldi“ delle precedenti inchieste di calcioscommesse, ripetevo sempre la stessa cosa: non scommettete, denunciate, evitate qualsiasi tipo di rapporto con soggetti ambigui. Ai club invece “raccomandavo“ di accorciare le distanze con gli spogliatoi per intercettare possibili anomalie". A parlare è Guido Camera, avvocato penalista milanese specializzato in diritto sportivo. Nel passato ha difeso molte società e la Lega di serie B (sotto la presidenza dell’attuale ministro dello sport Andrea Abodi) nei procedimenti relativi alle inchieste sul calcioscommesse delle procure di Cremona e Catanzaro. E ha pure redatto norme di contrasto al fenomeno del match fixing.
Avvocato Camera, fino al pre-pandemia ha svolto un’intensa attività di formazione dei calciatori sull’argomento match-fixing. Tema sempre d’attualità...
"È dal 2005, con la combine Genoa-Venezia, che c’è attenzione spasmodica. Io ho iniziato nel 2012 dopo l’inchiesta di Cremona, poi tutto è diventato più istituzionalizzato e dal 2018 l’attività si svolge in collaborazione col ministero degli Interni. Che ci sia formazione e consapevolezza di ciò che si può fare e cosa non si può è indiscutibile. Non possono esserci alibi".
Quando faceva corsi ai giocatori di serie B o dei settori giovanili sui pericoli del match fixing, come le rispondevano?
"Ho sempre riscontrato interesse e attenzione per le nostre iniziative. Anche perché ad ogni incontro ero molto chiaro: “ragazzi, non fatevi tentare dai criminali che vi propongono di truccare le partite. Bisogna rendersi conto di aver sbagliato e denunciare tutto e subito alle autorità competenti, quella è l’unica ancora di salvezza, per non rovinarsi la carriera ma anche la vita. Non finirò di ripeterlo".
Si aspettava una nuova inchiesta come quella attuale?
"Attenzione: scommettere sul calcio non è un illecito. Lo è se scommette il protagonista della vita sportiva. Tra lo scommettere e il provare ad influenzare una partita il rischio però è sottile, è un attimo che vai oltre quella linea per influenzare l’esito della partita perché puoi lucrarci. Adesso però siamo in una fase iniziale di un’indagine e come sempre bisogna aspettare con prudenza per dare giudizi. Le inchieste non servono per colpire i sistemi ma per accertare responsabilità individuali. Per quel che ci riguarda dobbiamo lavorare sempre più su una cultura dell’atleta per far capire che hanno una posizione diversa".
Quello che oggi stupisce è che nella rete siano finiti ragazzi, giovani, di talento, con una carriera davanti.
"Quando emerge il coinvolgimento di giocatori di fama nazionale e internazionale non si può che prendere atto che tutto ciò che è stato fatto, anche in Europa dove l’esempio italiano era un modello e apprezzato da tutti, non basta. Serve più attività di formazione, e Abodi ha annunciato l’arrivo di una carta di valori, ma bisogna capire che il fenomeno esiste e che per estirparlo si fa tanta fatica".
Lei ritiene che i più vulnerabili siano i giovani?
"Si. I giovani subiscono i modelli positivi, ma non devono seguire quelli negativi, che spesso portano al guadagno facile. Il calcioscommesse è un fenomeno che li espone al rischio. Ma ci sono varie fasi nella vita di uno sportivo, e quindi anche chi è nella parte finale della carriera può essere un soggetto debole, come ha dimostrato l’inchiesta di Cremona. Il club deve essere il primo ad intervenire".
Con un occhio di riguardo alle tentazioni “social“, visto che proprio sulla rete intermediari della malavita agganciano le loro “vittime”.
"Infatti, il messaggio è diretto soprattutto ai giovani: state attenti all’utilizzo dei “social“. E nel caso bisogna subito chiedere aiuto ai club, perché l’obbligo di denuncia è importante. L’errore più grave sarebbe quello di pensare di gestirsi da soli, dando confidenza a certi personaggi poco raccomandabili.