SIMONA BALLATORE
Cronaca

Laurea honoris causa a Bruno Bozzetto, il Signor Rossi è dottore: “La tesi? Un nuovo film, Anche a 86 anni si può”

Milano, intervista al disegnatore, regista e produttore di cartoon: "Io, ex pessimo alunno annoiato dalla scuola che non ama le novità. Oggi gli studenti fanno bene a protestare"

Bruno Bozzetto con l’attestato che gli conferisce il titolo del master della Iulm

Bruno Bozzetto con l’attestato che gli conferisce il titolo del master della Iulm

La sua tesi è in un cortometraggio d’animazione “Sapiens?”, sulle note di Beethoven, Chopin e di Verdi. Così, con "un allegretto non troppo" Bruno Bozzetto, 86 anni festeggiati il 3 marzo, ha ricevuto un master honoris causa in Arti del racconto all’università Iulm. Animatore, disegnatore e regista, ma anche produttore, sceneggiatore e musicista - nonché papà di quel Signor Rossi che dagli anni Sessanta sta per catapultare ai giorni nostri - ha firmato oltre 300 opere cinematografiche. "Tutto sommato questo riconoscimento mi fa capire che si possono fare film anche alla mia età", sorride Bozzetto, mentre firma il registro.

Com’era Bruno-studente?

"Un pessimo alunno. Ho sempre considerato la scuola come un luogo di pausa dai miei pensieri più creativi. A parte i miei compagni, che sentivo vicini e che ci sono ancora, mi annoiavo parecchio, ma perché non c’erano i libri (e gli insegnanti) giusti. Io amavo leggere: un giorno portai un libro che mi aveva comprato mio papà, un po’ alla “Piero Angela“. Per poco la professoressa di Scienze mi buttò fuori dall’aula: avremmo dovuto studiare sul suo libro. A scuola il nuovo non era in programma".

Un po’ quello che lamentano gli studenti oggi.

"Hanno ragione. E gli adulti pensano sempre che i giovani non abbiano rispetto dei vecchi, che siano villani e non siano educati: si leggeva già su una stele assiro-babilonese".

Quale fu il suo rapporto con l’università?

"Dopo il liceo classico Beccaria mi dicevano che bisognava “per forza“ prendere una laurea. La mia prima scelta era Biologia, mi è sempre piaciuta, era nel mio istinto. Ma mi dissero che era da ’femmine’. Così ho iniziato Geologia. Ma bisognava frequentare e andare nelle valli di Bergamo a studiare le rocce e io stavo già lavorando ai Caroselli. Mi iscrissi a Legge, feci tre quattro esami, ma il lavoro si faceva più intenso e la laurea più lontana".

È arrivata nel 2007 - ad honorem - dall’università di Bergamo e ora pure un master.

"Mi fa molto piacere perché lo ricevo da Gianni Canova, che stimo tantissimo per la sua cultura cinematografica. Ha visto il mio ultimo film, gli è piaciuto".

Alla classica prolusione ha preferito dar voce alle immagini.

"Perché tengo tantissimo a questo film. Portare Sapiens? all’università, ai giovani, è un’occasione unica. Si parla di guerra, del rapporto con gli insetti con una storiella apparente da poco che però ci interroga: il ragno che a qualcuno ’fa impressione’ è sulla terra da trecento milioni di anni, la sa molto più lunga di noi, merita rispetto".

L’ultimo atto è per gli animali.

"Il tema che mi sta più a cuore oggi. Uso le immagini per raccontare come l’uomo ovunque vada li distrugga in nome della tradizione, dell’alimentazione, ma non è più questione di sopravvivenza. Questo argomento è uno dei più grandi buchi neri della storia".

Nel cassetto c’è sempre una serie tivù del Signor Rossi: ci sono novità?

"Ho iniziato pochi giorni fa un cortometraggio di cinque minuti. Un assaggio per capire se funziona. Ci sarà il Signor Rossi alle prese con Siri (l’assistente vocale, ndr), le consegne a domicilio, i telefonini. Con lui c’è sempre molto autoironia. Sarà pronto per l’autunno".

Se potesse esprimere un desiderio oggi?

"Mi piacerebbe che un dottore inventasse una puntura di empatia, che faccia diventare empatiche le persone. Io ho scoperto l’empatia grazie al film Bambi , quando ho visto il falò di cacciatori. Solo mettendosi nel punto di vista degli altri possiamo capire cosa provano, come soffrono, cosa pensano. È come avere un terzo occhio che si sposta e dal quale puoi vederti anche tu da un’altra prospettiva. A me è sempre venuto naturale. Ricordo da bambino a tavola: ’Papà, ma tu hai mai pensato a come ci vede il lampadario?’".