L’amore struggente dell’elfa

Claudio

Negri

La figlia dell’oste studiava a Bergamo, operatrice turistica. Era una brunetta d’incarnato chiaro, di esile bellezza, sottili polsi, sottili caviglie. Nell’osteria paterna si muoveva come un’elfa tra gli orchi o almeno così ci era parso. Ma non si sottraeva alle incombenze. Ai tavoli dei vecchi avventori portava quasi sempre bianchini, bianchi spruzzati o rossi ilari e spumosi. Al tavolo dei giovani suonatori un po’ suonati lei faceva più viaggi: al nostro appetito di nottambuli arrivavano panini alla coppa o alla bologna e piatti di acciughe non cantabriche con stracchino a latere. La figlia dell’oste aveva una cagnetta color paglia che rubava con destrezza le bustine di zucchero dal piattino del caffé correndo poi a gustarsi il bottino in qualche angolo recondito. Nella breve stagione dell’osteria – breve come sempre succede, col senno di poi – vedemmo maturare la ragazza tra i bianchi spruzzati e il sottofondo di sorde nacchere della bocciofila, là nel cortile interno. Lei era la stessa elfa di prima, ma adesso aveva un amore in corso d’opera e l’esame di maturità da scollinare. Tra i tavoli e al bancone la si vedeva sempre meno. Nel frattempo l’osteria andava perdendo per saldo naturale i vecchi avventori e si dava arie da bar con annesso giochino elettronico, mentre la cagnetta color paglia, appesantita e ormai diabetica, non rubava più le bustine di zucchero. Il moroso della figlia dell’oste, un brutto giorno, partì soldato per una guerra fredda. Venne a salutare la sua bella fuori dall’osteria. La ragazza sembrava non rassegnarsi a una separazione che il suo cuore giovane temeva come definitiva. Con un gesto melodrammatico e spavaldo, dopo l’ultimo bacio, lui era saltato in macchina e aveva avviato il motore. Ma lei, esile com’era, si era messa davanti al muso dell’auto, quasi ad arginare il destino. E per un attimo sublime e disperato le riuscì. Poi lasciò che gli atomi insensati dell’universo riprendessero la loro cieca corsa. L’elfa rientrò nell’osteria, compostamente piangendo.

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