
Armato di pistola
Milano, 26 ottobre 2015 - Tentato omicidio, per questo un vigilante è stato condannato a 4 anni e 8 mesi di reclusione dal Tribunale di Milano. È stata esclusa la legittima difesa per la guardia giurata che aveva sparato ferendo un ladro romeno. Assieme ad altri connazionali quest'ultimo stava cercando di rubare rame in uno stabilimento dismesso, il 29 giugno 2011. È stata esclusa la legittima difesa. La sentenza è stata emessa dalla decima sezione penale (presidente Gaetano La Rocca) che ha accolto l'ipotesi del pm Eugenio Fusco che ha qualificato il fatto come tentato omicidio, perché la guardia armata ha sparato mentre il ladro era in fuga. L'uomo, che si trovava su uno stabilimento dismesso nel quale erano in corso bonifiche a Segrate, ha sentito un rumore dall'interno di un capannone. È entrato e si è accorto che un gruppo di ladri, probabilmente quattro in tutto, stavano cercando di rubare del rame e gli ha intimato l'alt. A quel punto, stando a quanto ricostruito dalle indagini, il vigilante avrebbe esploso un primo colpo ad altezza uomo che è andato a colpire lo stipite di una porta (la guardia aveva detto, invece, di averlo sparato in aria) e poi ne ha sparato un altro che ha ferito gravemente uno dei ladri. Il secondo colpo, da quanto emerso dalle indagini, avrebbe prima rotto una porta a vetri e poi colpito il giovane ladro che stava fuggendo dentro un cunicolo con i complici.Il ladro, colpito al torace, aveva dovuto invece subire un intervento chirurgico per fermare un'infezione polmonare.
IL PROCESSO - La sentenza è di quattro giorni fa, ma lo si è appreso solo oggi. Alla guardia armata è stato inflitto il minimo della pena per il reato di tentato omicidio, con il riconoscimento delle attenuanti generiche. La difesa del vigilante ha provato a sostenere in aula la tesi della legittima difesa, ma il pm ha dovuto escludere questa ipotesi e anche quella della legittima difesa 'putativa'. Secondo l'accusa, infatti, la guardia non era in una situazione di pericolo perché i ladri non erano armati e stavano fuggendo (né l'imputato avrebbe ritenuto erroneamente, secondo l'accusa, di essere in pericolo in quel frangente). Data l'arma utilizzata, una pistola, e la distanza ravvicinata da cui ha esploso il colpo, gli inquirenti (il pm aveva chiesto la condanna a 5 anni) hanno escluso anche l'ipotesi delle lesioni con eccesso colposo in legittima difesa. I giudici hanno accolto la tesi del tentato omicidio con dolo diretto, anche perché non si trattava nemmeno di un caso di legittima difesa in un domicilio. Il vigilante, invece, nel corso del processo aveva provato a sostenere di essersi sentito in pericolo perché avrebbe sentito il rumore di una botola e lo avrebbe confuso con uno sparo. Inoltre, l'uomo aveva chiamato a testimoniare il fratello, con cui si esercitava al poligono di tiro, per dimostrare di non essere molto preciso nei colpi.