MARIACHIARA ROSSI
Cronaca

La storia di F., il baby criminale pentito: “Ho vissuto 5 anni in strada facendo rapine e spacciando. Voglio studiare, poi un lavoro”

La testimonianza di un tunisino di 15 anni arrivato in Italia a 10 da solo e sul gommone degli scafisti. “Scippavo turisti in corso Como, puntavo collane e orologi. Mamma piangeva al telefono, adesso è felice”

Un'immagine di F., 15 anni, postata sui social

Un'immagine di F., 15 anni, postata sui social

Milano, 15 settembre 2023 –   Ha 15 anni ma sulla pelle ha vissuto esperienze che persone comuni non provano in oltre cinquanta.

Lo sguardo duro, l’atteggiamento fiero e la collana da rapper al collo sono il suo biglietto da visita. Lo stesso con cui circa quattro mesi fa si è presentato davanti alla comunità Kayros di accoglienza per minori in difficoltà e con precedenti penali di Don Claudio Burgio, a Vimodrone.

"Meglio qui che in giro a raccogliere botte" spiega F. scegliendo di raccontare la sua storia a Il Giorno . Lo fa volentieri in realtà, al suo fianco c’è Assan, il ragazzo che gli ha procurato il contatto con il presidente dell’associazione Kayros, e altri due amici, a cui è andata peggio di lui, hanno passato tre mesi al carcere minorile di Torino per tentata aggressione e furto. F. invece è stato più scaltro. "E la giovane età mi ha salvato in tante occasioni".

Perché hai scelto di venire a vivere qui in comunità? "(Scrolla le spalle) Mi avevano detto che qui si sta bene, c’è un letto, da mangiare e degli amici. E poi ero stufo di mettermi nei guai".

Come hai vissuto fino ad allora? "Scappando di comunità in comunità. È da cinque anni che sono in giro. Ogni tanto mi mettevano in dormitori pubblici dove i letti erano tutti attaccati. Non avevamo spazi, né libertà. Sono scappato da venti centri in tutta Italia. Prima a Bologna, poi Bergamo e Milano. In zona Brenta sembrava di stare in un ospedale, sono subito fuggito. Io a casa in Tunisia stavo bene ma volevo una vita migliore".

I tuoi genitori cosa dicono? "Mio papà è morto. Mamma ha saputo da altri che me ne ero andato, lei non voleva. Ora la chiamo tutti i giorni, ma le mento. Lei piange sempre, anche se le racconto che va tutto bene è a conoscenza della verità, qualcuno glielo ha detto. L’unica volta che l’ho sentita felice è quando le ho spiegato che vivevo in comunità e che avevo trovato qualcuno disposto ad aiutarmi".

Come hai fatto ad arrivare in Italia cinque anni fa? "Sono partito dalla Tunisia su un gommone. Eravamo in trenta e ci abbiamo messo solo venti ore. Con me c’era anche una donna incinta. Non poteva partire in aereo e, piuttosto che rimanere a casa, ha fatto la traversata. Quando sono arrivato a Lampedusa mi hanno dato un telefono e ho cominciato a sentire i ragazzi del mio paese che erano emigrati a Milano. Ho attivato la geolocalizzazione e ho visto i mezzi per salire al Nord. Sui treni mi nascondevo nei bagni, non mi hanno mai beccato. Solo a Milano è successo ma non mi hanno fatto niente. Qua la polizia è diversa rispetto a dove abito. In Tunisia se sgarri, hai finito di vivere tranquillo. Qui, invece, ti rimproverano ma poi ti lasciano andare".

Di notte dove andavi e come facevi a mangiare?

"Di notte non dormivo, meglio stare svegli. Ho cominciato a rubare. Io giravo in zona Maciachini e in zona San Siro, lì ho conosciuto dei ragazzi che mi hanno aiutato e che vedo ancora quando esco dalla comunità. Per mangiare? Rubavo. Andavo in corso Como ad aspettare la gente ubriaca che usciva dai locali e dalle discoteche. Orologi, portafogli e collane. Avevo capito quali erano gli oggetti di valore. Poi ogni tanto spacciavo hashish. Mi hanno beccato cento volte i poliziotti con il fumo addosso. Per fortuna avevo solo 13 anni e non potevano fare nulla".

Qualcuno ha mai tentato di farti del male in strada?

"Sì, hanno provato a picchiarmi per derubarmi. Ma io so difendermi. Per quello giravo sempre armato. Pistole? No, costano minimo trecento euro (E si accende una sigaretta)".

Cosa vuoi fare da grande? "(Altro scrollo di spalle). Fra una settimana vado a scuola per la prima volta da quando sono arrivato. Fino ad ora ho imparato tutto per strada. Spero mi lascino fumare. Non voglio rotture".

C’è qualcosa che ti piace fare?

"("Rubare", dicono gli amici ridendo) Non lo so. In futuro voglio lavorare, mi basta anche fare il muratore. In Tunisia aiutavo mio nonno quando ero piccolo".

Hai smesso con i furti da quando sei qui?

"Si, a parte l’altro giorno che ero sui Navigli e volevo portarmi a casa un Jack Daniel’s. Una “vecchia“ che mi conosceva ha fatto il mio nome".

Ma almeno un sogno ce l’hai? "..."

Non fa in tempo a rispondere perché in comunità è ora di ritrovarsi per pranzo. I suoi amici prima di salutare ci scattano qualche foto, giocano a fare i fotografi, e per qualche attimo svestono i panni dei “boss“. F. no. La genuinità, così come l’innocenza, non gli appartengono più.