CHIARA ARCESI
Cronaca

La sfida urbanistica: “Vecchi edifici, vita nuova: così ripensiamo la città”

L’architetto Michele Rossi e i progetti di recupero: dal Mi.C al Luxottica Digital Factory al Palazzo Sistema: “Anche i materiali di scarto delle demolizioni sono preziosi”

Dal Mi.C al Luxottica Digital Factory. E il futuro sarà Palazzo Sistema. Anche i materiali di scarto delle demolizioni sono preziosi. Relazioni al centro.

Dal Mi.C al Luxottica Digital Factory. E il futuro sarà Palazzo Sistema. Anche i materiali di scarto delle demolizioni sono preziosi. Relazioni al centro.

Milano – Filippo Pagliani e Michele Rossi, fondatori dello studio “Park Associati“: è per loro il Premio Architetto italiano 2024. Il riconoscimento è promosso dal Consiglio Nazionale degli Architetti, Pianificatori, Paesaggisti e Conservatori e ha visto la presenza della progettista Ute Schneider, presidente di giuria.

Michele Rossi, qual è il progetto che ha portato al “Premio Architetto italiano 2024”?

"È “Luxottica Digital Factory”, un progetto di recupero architettonico di una ex-fabbrica della General Electric, un edificio industriale riqualificato e trasformato per accogliere spazi di lavoro ed eventi aziendali. I lavori di ristrutturazione sono durati quattro anni e hanno comportato anche un intervento molto importante a livello strutturale, che ha dato vita a un contenitore aperto e flessibile, un luogo che coniuga storia, cambiamento e innovazione tecnologica".

Qual è il principio?

"Dare una vita nuova ad edifici nati in un’altra epoca e con una vocazione diversa. Concepito con una facciata in vetro a tutt’altezza arricchita da lesene verticali in metallo bronzato che richiamano il ritmo degli shed industriali, “Luxottica Digital Factory” è un edificio che coniuga innovazione e memoria urbana. Situato nel distretto Tortona a Milano, l’edificio mette al centro la qualità architettonica e la sperimentazione tecnologica, con un’attenzione al tessuto urbano".

Un progetto indicativo della sfida attuale di Milano: ripensarsi, re-interpretarsi.

"Certamente. Milano e altre città europee non hanno bisogno di costruire su spazi vuoti ma hanno bisogno di essere ripensate, andando a riqualificare edifici esistenti. Non solo restyling quindi, ma anche miglioramento energetico. Quando la demolizione non si può evitare, come nel caso di edifici dagli interpiani con altezze insufficienti, la decostruzione può essere fatta in modo virtuoso, recuperando e riutilizzando i materiali nell’ottica di un’economia circolare".

Il cosiddetto “Urban mining”.

"Esattamente, l’Urban mining è un processo di recupero di materie prime dai materiali di scarto destinati a fine vita. Si guarda ai rifiuti generati dalle città e dagli ambienti urbani come a una risorsa preziosa, puntando ad utilizzare la produzione antropica piuttosto che le risorse geologiche per soddisfare le richieste dell’industria delle costruzioni. Comunemente, il “mining” si riferisce al recupero dei metalli preziosi provenienti dai rifiuti “tecnologici”.Oggi questo termine è stato utilizzato più in generale per indicare il recupero e la monetizzazione di ciascun materiale proveniente da qualsiasi flusso di rifiuti, compresi i rifiuti da demolizione".

Il primo edificio in Italia ad aver utilizzato una tecnica di decostruzione all’avanguardia in questo ambito è frutto di un vostro intervento.

"Il progetto “Mi.C” (Milano Centrale) è un esempio di applicazione di questa metodologia. Grazie alla tecnologia TopDownWay® dell’azienda bergamasca Despe, abbiamo recuperato e riutilizzeremo parte dei materiali dell’edificio decostruito. Si tratta di un progetto che punta a rigenerare la polarità multi-sfaccettata della piazza adiacente alla Stazione Centrale e che andrà a creare un nuovo complesso architettonico dove una volta esisteva l’Hotel Michelangelo, simbolo dello skyline milanese da più di mezzo secolo".

Recuperare le risorse. E recuperare le relazioni sociali?

"Sicuramente. Ad esempio, nel progetto “Mi.C”, c’è un connubio tra responsabilità sociale e rigenerazione urbana. Il concept guarda alla razionalizzazione dei flussi di spostamento e all’implementazione della pedonalità: il verde diviene attore principale della transizione, sia attraverso la creazione di un giardino ai piedi del complesso, sia attraverso l’attivazione d’un paesaggio naturale diffuso".

Quali altri interventi avete in programma per Milano?

"Stiamo terminando la fase progettuale della nuova sede della Regione Lombardia, “Palazzo Sistema”, nella zona tra via Pola, via Rosellini, via Taramelli e via Abbadesse. L’edificio, di forte respiro urbano, con un importante accento verticale, rappresenta un caso di decostruzione dell’esistente e sostituzione con un edificio nuovo e sarà realizzato entro il 2029".

Milano è un laboratorio di eccellenza sull’innovazione del patrimonio edilizio esistente?

"Sì, siamo stati i precursori del recupero e del rinnovo del patrimonio esistente risalente al post-seconda guerra mondiale. Proprio a Milano una ventina di anni fa si è cominciato a capire e ragionare su cosa si potesse salvare e riutilizzare, quando si è iniziato a ricostruire gli edifici per uffici nelle zone di City Life e Porta Nuova. Edifici nati negli anni ’60-’70, svuotati per il trasferimento delle grandi società senza le caratteristiche di sostenibilità ed efficienza che il mercato richiedeva, hanno condotto all’avvio di un’epoca di recupero. Ora anche in Francia, in Belgio, in Inghilterra si sta andando verso questa direzione. Ad esempio, a Parigi stanno riqualificando tutta Là Defense".