
La ripresa di cinema e Tv "Contratti triplicati dal 2020 ma periodi sempre più brevi"
L’occupazione è in piena ripresa, nel settore del cinema e della produzione televisiva a Milano. Ma, altro lato della medaglia, i contratti sono sempre più brevi e precari. Un quadro che emerge dagli ultimi dati dell’Osservatorio Mercato del lavoro della Città metropolitana di Milano. Guardando il settore "produzione cinematografica, di video e programmi televisivi e registrazioni musicali e sonore", la linea degli avviamenti nel Milanese è in crescita rispetto al 2020, quando la pandemia ha terremotato il settore degli spettacoli. A giugno 2020 il minimo storico, con solo 3133 avviamenti (cioè nuovi contratti) nella Città metropolitana di Milano. Da lì è iniziata la risalita, arrivando al picco di 8027 avviamenti a primavera dell’anno scorso. E il trend si è assestato, con 7507 avviamenti lo scorso dicembre, preceduti da mesi più altalenanti. Si tratta però, per lo più, di contratti di breve o brevissima durata, in un settore che sconta un fisiologico precariato, legato alle singole produzioni. Sono 5986 su 7507, infatti, gli "avviamenti brevi" lo scorso dicembre.
Corrisponde, in tutto, a soli 3111 lavoratori avviati, visto che ogni addetto può avere più rapporti di lavoro contemporaneamente o uno dopo l’altro. Un discorso simile vale anche per il settore "attività di programmazione e trasmissione" televisiva, con 576 avviamenti lo scorso dicembre di cui 387 brevi, nella città dove, assieme a Roma, si concentrano i principali studi televisivi. "In entrambi i casi i datori di lavoro attivi (case di produzione e emittenti televisive) sono assolutamente pochi e costanti – spiega Livio Lo Verso, responsabile dell’Osservatorio della Città metropolitana – gli avviamenti sono ripresi a razzo molto presto, nel giugno 2020, finito il lockdown, e il loro numero ha continuato a crescere. Si tratta però, soprattutto per quanto riguarda il mondo della produzione, di avviamenti brevi". Un settore in fermento che, però, sconta condizioni di lavoro critiche, come dimostra anche la protesta dei doppiatori, che hanno promosso un lunga mobilitazione. Dal 21 febbraio tutte le figure professionali che concorrono alla realizzazione del prodotto doppiato sono in
sciopero. Il malcontento si deve in primis al mancato rinnovo del contratto di lavoro di categoria (fermo al 2008) e all’inesistente regolamentazione relativa a ritmi di lavoro sempre più serrati. In aggiunta, lo spauracchio dell’intelligenza artificiale, quale possibile strumento sostitutivo dell’uomo, pende come una spada di Damocle sull’intero settore.
Un periodo in cui il cinema torna "muto", con un conseguente ritardo sulla consegna dei prodotti stranieri (film e serie tv) di grande successo, in onda su piattaforme quali Netflix, Amazon Prime Video, Apple Tv, Now Tv e Disney+. Un film che fino a qualche tempo fa veniva doppiato in un mese, denunciano i professionisti della voce, adesso deve essere consegnato nel giro di una settimana. Cosa che per i lavoratori si traduce in un dimezzamento della paga, mentre la distribuzione risparmia il 50% sul costo delle sale e dei professionisti coinvolti nella realizzazione di un lavoro. E non sono solo i doppiatori a dover correre: deve correre l’adattatore, il fonico di mix e tutta la squadra in generale, perché più corri e più i costi si abbassano. Intanto è arrivato un primo passo avanti, con un fondo di non meno di 100.000 euro a sostegno dei doppiatori e direttori del doppiaggio in sciopero. Intanto il caso approda in Parlamento, con un’interrogazione urgente del M5s per "conoscere gli intendimenti del governo rispetto allo sciopero dei doppiatori e in generale alla strategia per dare risposte di ampio respiro alle legittime esigenze dei lavoratori dell’audiovisivo".
Andrea Gianni