GIAMBATTISTA
Cronaca

La proposta sul fine vita. Il centrodestra dice sì per sabotare la legge nelle commissioni

L’Ufficio di presidenza del Pirellone vota l’ammissibilità della proposta ma dalla maggioranza piovono precisazioni: "Valutazione burocratica". Niente approdo immediato in Consiglio regionale. Nove mesi per i lavori.

La proposta sul fine vita. Il centrodestra dice sì per sabotare la legge nelle commissioni

La proposta sul fine vita. Il centrodestra dice sì per sabotare la legge nelle commissioni

Anastasio

L’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale ha votato all’unanimità l’ammissibilità della proposta di legge sul fine vita, una proposta di legge di iniziativa popolare: oltre ottomila le firme raccolte dal Comitato Liberi Subito guidato dall’associazione Luca Coscioni. Un pronunciamento a sorpresa, quello dell’organo ristretto dell’Aula del Pirellone. Se era scontato che Emilio Del Bono e Jacopo Scandella, i due consiglieri del Pd membri dell’Ufficio di presidenza, votassero a favore, non può dirsi altrettanto dei tre "sì" arrivati dalla maggioranza, per l’esattezza da Federico Romani, presidente del Consiglio regionale eletto nelle fila di Fratelli d’Italia, dalla leghista Alessandra Cappellari e da Giacomo Basaglia Cosentino, eletto in Lombardia Ideale, la lista del governatore Attilio Fontana. Soltanto lunedì, infatti, Christian Garavaglia, capogruppo lombardo di Fratelli d’Italia, primo partito di maggioranza al Pirellone, aveva diramato una nota nella quale dichiarava l’incompetenza della Regione nel disciplinare il fine vita. Una posizione ribadita anche ieri da Garavaglia una volta noto l’esito del voto. La stessa Cappellari si era espressa nella medesima direzione e ha peraltro ribadito la sua posizione anche ieri, appena dopo il voto – pur favorevole – sull’ammissibilità della proposta di legge.

L’impressione, allora, è che i tre esponenti del centrodestra nell’Ufficio di presidenza abbiano agito più per calcolo politico che per altro. Se ieri l’organo ristretto dell’Aula fosse rimasto diviso tra favorevoli e contrari all’ammissibilità della legge, la parola sarebbe passata al Consiglio regionale, che si sarebbe dovuto esprimere pro o contro l’ammissibilità già nella prima seduta utile, quella del 20 febbraio. Evidentemente questo passaggio ha destato qualche preoccupazione all’interno della maggioranza e di Fratelli d’Italia: il dibattito in Aula si sarebbe inevitabilmente focalizzato sul merito del fine vita che, però, non coincide col merito della proposta di legge in oggetto, che chiede soltanto di stabilire una procedura per rendere esigibile un diritto che la Corte Costituzionale ha già stabilito essere tale. Il centrodestra, forse, ha ritenuto che un dibattito di questo tipo, con l’eco del Consiglio, fosse da evitare sia per la vicinanza di una scadenza elettorale (le Europee) sia perché non c’è certezza che in Aula possa davvero prevalere il "no" all’ammissibilità, che si riesca a mantenere la compattezza della maggioranza.

Ora, grazie al voto favorevole di ieri, la proposta di legge inizierà il suo iter all’interno della commissione regionale o delle commissioni regionali alle quali sarà assegnata: è qui che si terrà il dibattito sulla procedura per il suicidio medicalmente assistito, è qui che si voterà sui contenuti. E le commissioni hanno 9 mesi di tempo per lavorare e arrivare ad una conclusione: un lasso di tempo sufficientemente ampio da consentire di “addormentare“ momentaneamente il dibattito, attenuare la portata della legge o, addirittura stabilirne l’improcedibilità o, ancora, sperare che dal Governo, quindi dal centrodestra nazionale, arrivi una qualche indicazione, un qualche aiuto se non – opzione decisamente ottimistica – una legge dello Stato. La riprova delle difficoltà del centrodestra a relazionarsi a questa proposta di legge è involontariamente arrivata dal nervosismo manifestato da Romani e dalle dichiarazioni della Cappellari e, come detto, di Garavaglia subito dopo il voto.

"Quella sul fine vita è una legge di iniziativa popolare sulla quale siamo in disaccordo – dichiara Romani –. Sarà opportuno l’approfondimento in commissione dato che da più parti è stato sollevato un giudizio in merito alla discussione e alla materia concorrente tra Stato e Regioni. Ci sono più pareri che dichiarano che sia una competenza nazionale". Cappellari ha voluto precisare quanto segue: "Il nostro è stato un pronunciamento meramente tecnico e procedurale. Sul piano personale resto favorevole al pro vita, ma questo non significa che non ritenga opportuna e necessaria una normativa che disciplini una materia così delicata". Avanti con Garavaglia: "L’Ufficio di presidenza si è espresso sulla correttezza burocratica della proposta sul fine vita del Comitato Liberi Subito, sostenuto dall’Associazione Luca Coscioni. Prendiamo atto di questi aspetti burocratici e procedurali, ma manteniamo la nostra posizione sia sulla illegittimità della trattazione di questo argomento a livello regionale, sia sulla contrarietà nel merito, su cui sosteniamo la cultura della vita, come abbiamo fatto in occasione del caso di Indi Gregory quando l’Alta Corte inglese decise lo stop ai trattamenti vitali della piccola, mentre la presidente Meloni fece di tutto per salvarle la vita".

Di segno opposto le dichiarazioni dei Democratici. "L’Ufficio di presidenza ha assunto una decisione in punta di diritto, affermando che la Regione è competente a disciplinare ciò che la Corte costituzionale nel 2019 ha indicato come diritto – dichiara Del Bono –. Lo avevano fatto già le Regioni Emilia-Romagna, Toscana, Piemonte, Veneto e Abruzzo e ora anche la Lombardia. Il fatto politicamente rilevante è che non si sia usato il passaggio dell’ammissibilità per evitare di discutere nel merito. Ora sulla legge di iniziativa popolare e sulle eventuali proposte di legge che dovessero arrivare da singoli consiglieri o da gruppi politici ci si potrà confrontare con coscienza, libertà e rigore all’interno della commissione competente e poi dell’assemblea". "Tutte le Regioni che si sono già espresse hanno decretato l’ammissibilità e così è stato anche in Lombardia – aggiunge Scandella –. Sarebbe un grande segno di responsabilità se la Lombardia per prima approvasse una legge, a differenza di quanto avvenuto in Parlamento, dove non è stato fatto nulla nonostante la sentenza della Corte costituzionale". "Bene! – commentano a caldo Marco Cappato, tesoriere dell’associazione Luca Coscioni, Matteo Mainardi, coordinatore nazionale della campagna Liberi Subito, e Cristiana Zerosi, coordinatrice lombarda –. La decisione dell’Ufficio di presidenza di Regione Lombardia è un fatto positivo, che segue analoghi decisioni da parte di Veneto Emilia, Piemonte e Abruzzo".