NICOLA PALMA
Cronaca

La piadineria della ‘Ndrangheta in centro a Milano: “L’abbiamo comprata per sfizio”

In un’inchiesta della Finanza di Vibo Valentia spunta l’acquisto di un locale in zona Cinque Giornate: “Al piccolo Scarponcino gli faccio mangiare una piadina”

A Milano la piadineria del clan Mancuso

Milano – “Carissimo zio Luni, ho ricevuto la vostra lettera proprio oggi: è arrivata da quasi una settimana, ma io non ero a casa. Mi trovavo a Milano per lavoro". È l’incipit della lettera che il 12 marzo 2016 Paolo Mercurio, fermato giovedì scorso dalla Finanza di Vibo Valentia su mandato della Dda di Catanzaro, invia al boss della cosca di Limbadi Pantaleone Mancuso, condannato per associazione mafiosa e recluso in quel periodo al 41-bis nel carcere dell’Aquila. "Scarpuni", che il 27 agosto compirà 62 anni, quella missiva non l’ha mai letta perché è stata censurata dalle guardie penitenziarie.

Tuttavia, il foglio scritto a mano è contenuto nelle 2.272 pagine di provvedimento firmato dal procuratore Nicola Gratteri e dai pm Antonio De Bernardo, Annamaria Frustaci e Andrea Giuseppe Buzzelli: Mercurio, ritenuto dai magistrati l’uomo utilizzato dalla ’ndrina vibonese per riciclare i soldi sporchi, dà conto a Mancuso di un’attività commerciale appena rilevata all’ombra della Madonnina.

"Ho acquistato una piadineria al centro di Milano – spiega – Era di un paesano e, visto che non poteva più gestirla, mi ha fatto l’offerta a me. Così, dopo aver controllato se era un buon acquisto o meno, ho deciso di prenderla. Chi me la gestisce è un mio paesano che abita a Milano. Ma più che l’ho voluto prendere è stato per uno sfizio, altrimenti per impegni ne ho già tanti con il lavoro mio".

In realtà, l’indagine delle Fiamme Gialle racconta altro. Racconta dei continui contatti con il fratello minore di Pantaleone, il 51enne Francesco Mancuso alias "Bandera" (a sua volta ammanettato la scorsa settimana), per riferire a quest’ultimo tutti i passaggi della complicata acquisizione del locale in zona Cinque Giornate.

Secondo gli accertamenti investigativi, i vorticosi cambi di proprietà della piadineria iniziano il 3 marzo 2015, quando, a distanza di un mese dalla costituzione, una srls fondata a Busto Arsizio da quattro soci originari di Locri acquistano il complesso aziendale per 140mila euro da una società che ha come socio accomandante al 98% un avvocato di Lamezia Terme.

Il 17 marzo 2016, Mercurio fonda una srls con sede legale in via Guicciardini proprio per acquisire la piadineria: lui risulta socio al 50% fino al 10 giugno 2016, quando cede tutte le quote al fratello di un affiliato. L’obiettivo di Mercurio è quello di subentrare a uno dei soci della società che gestisce il locale (gli verserà 20mila euro), ma alla fine, anche con l’aiuto di un commercialista, l’affare va in porto con un’operazione ben più articolata: il proprietario dell’immobile che ospita la piadineria, che vanta crediti per canoni di locazione non riscossi, trattiene le attrezzature e stipula con Mercurio un nuovo contratto di locazione, con successivo subaffitto alla nuova intestataria dell’attività, una cinquantunenne ora indagata in concorso con i fratelli Mancuso e con Mercurio per essersi attribuita fittiziamente la titolarità formale della ditta individuale. Uno dei tanti esempi dei metodi utilizzati dalla criminalità organizzata per infiltrarsi nell’economia legale, fino a insediarsi nel centro di Milano.

E i guadagni? Secondo i calcoli degli investigatori, i soci alla pari Mercurio e Mancuso incassavano tremila euro al mese dall’attività: "Adesso deve andare a prendermi tre mensilità. Tre mensilità io e tre mensilità Francesco. Non sono andato neanche a prendere i soldi. 4.500 io e 4.500 lui", dice Mercurio il 27 luglio 2016 al figlio di Pantaleone, alias "Scarpuncino". Lo stesso di cui parlava al padre nella lettera: "Forse a metà aprile S., con vostro fratello e la moglie, so che devono salire a Milano: con la scusa, al piccolo Scarponcino gli faccio mangiare una piadina".