La ’ndrina, i broker milanesi e l’emissario kazako

Blitz contro il clan Mancuso: la coppia di mediatori Porretta-Paduret, il viaggio in Calabria e l’incontro tra il manager e il boss Luigi

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di Nicola Palma

"Sono delle persone che ho detto “non le possiamo incontrare proprio“... ho detto “fai una cosa, vai in chiesa ogni tanto e prega“... sono persone invisibili che nessuno mai li ha visti, che poi gli detto la verità... forse saranno pochissimi che hanno visto... che hanno viste queste persone, e sono persone che quando vogliono fare fanno, quando non vogliono fare non fanno". È il linguaggio criptico di Irina Paduret, moldava di 34 anni residente in via Settembrini, a due passi dalla Centrale: intercettata dagli investigatori della Dda, sta parlando con il compagno Francesco Saverio Porretta di Antonio Prenesti alias Yoyo o Mussustortu, definito da un collaboratore di giustizia "un fedelissimo di don Luigi" Mancuso, boss della ’ndrangheta di Limbadi.

La donna – come si legge nel fermo che ieri l’ha portata in carcere insieme ad altre 15 persone a valle dell’operazione "Petrolmafie spa" della Dda di Catanzaro – si sarebbe offerta a Prenesti, condannato per associazione mafiosa nel 2008 e arrestato nel 2019 con l’accusa di aver ucciso Raffaele Fiamingo, di "informarsi circa l’esistenza di un procedimento penale" a suo carico, "pendente evidentemente presso qualche ufficio giudiziario di Milano, consapevole del fatto che “certe informazioni“ hanno un costo in quanto veicolate da persone definite “invisibili“". Cosa hanno in comune una fascinosa bionda dell’Est Europa e un uomo che il clan usa "per le cose delicate, da prendere a muso duro, un “azionista“?" Secondo gli inquirenti, sono il contatto tra i Mancuso, sostenuti dai fratelli imprenditori Antonio e Giuseppe D’Amico, e il Kazakistan. Il progetto: l’apertura di "un canale di approvvigionamento di carburante proveniente dal gruppo petrolifero internazionale Rompetrol, da distribuire in particolare nella provincia vibonese". In sostanza, i Mancuso devono "creare le condizioni" affinché la società romena "Rompetrol", di proprietà della kazaka Kazmunaygas, venga "favorita nell’acquisizione di numerose stazioni di servizio a cui apporre il proprio marchio e quindi distribuire su vasta scala – in un regime di sostanziale oligopolio – il proprio prodotto, con un considerevole ritorno economico per le casse della cosca, che a tutti gli effetti sarebbe entrata in società – attraverso i D’Amico – con la Rompetrol". Un piano molto ambizioso, che passa dalla costruzione di "un oleodotto, con annesso deposito costiero, nel territorio del Comune di Vibo Valentia e precisamente nella zona industriale di Porto Salvo, al fine di favorire l’attracco di navi di grosso cabotaggio per lo sversamento in loco del prodotto petrolifero, così da giungere al controllo a monte della distribuzione poi del prodotto su larga scala". Per mettere a punto i dettagli dell’operazione, il 30 novembre 2018, Prenesti, Paduret e Porretta si imbarcano alle 6 a Malpensa su un volo diretto a Lamezia Terme: ad attenderli, all’arrivo, c’è Silvana Mancuso, nipote di "zio Luigi".

Nel pomeriggio, la comitiva si reca nella sede della Dr Service per presentare a Giuseppe D’Amico, considerato uomo d’affari al soldo della ’ndrangheta, "gli amici di Milano": il discorso cade subito sull’idea della "raffineria" da fare con i kazaki per "bruciare" i rivali "Rosarnesi" (intenzionati, secondo Silvana, a fare la stessa cosa a Gioia Tauro). Porretta ascolta e si mostra molto interessato a quel che dice D’Amico, che ha le idee piuttosto chiare sulle componenti da assemblare per ottenere il risultato: "Allora... se c’è l’altro supporto... perché tu sai meglio di me per fare determinate cose ci vuole... il supporto suo (del boss, ndr)... perché se non c’è uno che grida non fai niente... il supporto amministrativo... e ce lo dà la politica... il supporto economico ce l’ha il russo... e per chiudere il quadrato... il cerchio... in modo che quando arrivano le carte... partono in modo veloce... e ci vorrebbe la squadretta... ok... e compasso (la massoneria, ndr)". La trattativa va avanti: i primi giorni del 2019 vivono di contatti frenetici per preparare il terreno all’arrivo dei kazaki, coi buoni uffici del mediatore F.M., figlio di un ex politico milanese della Dc coinvolto negli anni Ottanta in una storia di tangenti. Silvana Mancuso non si fida dei "milanesi", teme che possano prendere il sopravvento nella futura società; D’Amico la tranquillizza, dice che l’ago della bilancia sarà Prenesti: "Tu dici che Yoyo tira con loro o lui tira con noi quando ci servono le cose?". Il 18 gennaio, ecco lo sbarco in aeroporto del kazako A.M. e della russa L.V.S.: i due vengono accolti tra mille sorrisi e accompagnati in un ristorante di Vibo, dove i carabinieri del Ros accerteranno la presenza di Luigi Mancuso. M., che si presenta come rappresentante della Kazmunaygas per il Vecchio Continente, spiega ai suoi interlocutori le strategie aziendali e gli interessi che ruotano "attorno alle reti di distribuzione in Europa del gas proveniente dai Paesi dell’ex blocco sovietico". L’obiettivo dichiarato del manager: trovare un partner affidabile per inserirsi nel mercato italiano. Mancuso, successivamente a colloquio con D’Amico, andrà al sodo: "Noi qui siamo... noi la materia prima vogliamo...". Il giorno dopo, M. riparte, dietro reciproca promessa di risentirsi presto per formalizzare l’eventuale controllo, da firmare a Bucarest o Amsterdam. Finisce tutto il 9 aprile, quando scatta la retata "Rimpiazzo": giornali e tv parlano anche di Giuseppe D’Amico. "Con Pino non sentirti … se ti chiama così non rispondere perché ha avuto un problema adesso … è sotto", intima Porretta alla compagna.

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