FABRIZIO LUCIDI
Cronaca

La ‘ndrangheta a San Siro: “Potere e soldi facili, tra club sotto ricatto e politici compiacenti”

Enzo Ciconte, docente di Storia della criminalità organizzata: le famiglie mafiose fanno affari da 15 anni col tifo organizzato. Milano apice di un fenomeno che riguarda tutte le grandi città

La Curva Nord dell'Inter e, nel riquadro, il professor Enzo Ciconte

La Curva Nord dell'Inter e, nel riquadro, il professor Enzo Ciconte

Milano – Manovalanza, potere, soldi facili. Così la ’ndrangheta ha scoperto, 15 anni fa, la curva. Anzi, le curve. “Perché – spiega Enzo Ciconte, studioso di lungo corso dei clan e docente di Storia della criminalità organizzata all’Università di Roma Tre – è un fenomeno che ha il suo apice a Milano, ma riguarda tutte le grandi città, anche dove se ne parla meno”.

Se la presenza delle mafie al Nord è storia vecchia di oltre sessant’anni, “anche se ancora nel ’93 la Commissione parlamentare titolò una sua relazione ‘Infiltrazioni mafiose nelle aree non tradizionali’ riferendosi al Settentrione, l’ingresso nelle curve è molto più recente”. Come in passato, però, solo alcuni magistrati e qualche giornalista, una minoranza, hanno lanciato l’allarme per tempo. Gli altri hanno fatto finta che la questione non esistesse.

Perché i clan hanno puntato sulle curve?

“I mafiosi capiscono due aspetti importanti: intanto la possibilità di entrare in contatto con soggetti già inclini alla violenza, capaci alla bisogna di usare mani, calci e armi; il secondo è che si potevano fare soldi sui tifosi, in grande quantità, in un settore che non era vigilato né dalle forze dell’ordine né dalla politica. E quando la ’ndrangheta ha mano libera, non lascia nulla a nessuno. Basti pensare al pizzo chiesto a Milano ai paninari e non solo. I clan fanno terra bruciata”.

Le colpe?

“I clan sono penetrati nel business e fanno affari senza grossi rischi. Ma dall’altra parte hanno trovato squadre di calcio che a un certo punto si sono ritrovate condizionate e ricattate. Invece di tenere un atteggiamento ruvido nei confronti di questo tipo di tifo organizzato, hanno fatto accordi inconfessabili e dannosi per le stesse società. Sono dinamiche storiche di Milano, Torino e di altre grandi città”.

In tutto questo quale ruolo ha avuto e ha la politica?

“Mai generalizzare. Ma certa politica ha avuto un ruolo negativo, soprattutto chi ha pensato di portare a casa vantaggi scattandosi qualche foto con i capi ultras, come avvenuto con Lucci (Luca, capo della curva del Milan, ndr) e Diabolik (Fabrizio Piscitelli, storico capo degli Irriducibili laziali, freddato a Roma il 7 agosto 2019, ndr), lisciando il pelo al tifo violento. Nulla di più sbagliato”.

Soluzioni?

“Le soluzioni spettano a chi si occupa di ordine pubblico, non a me. Ma bisogna partire da una riflessione seria se si vuole affrontare davvero il problema. Bisogna intaccare le capacità di questi clan di fare soldi sul tifo”.

Dopo l’omicidio del rampollo dei Bellocco vede il rischio di una faida con altri morti?

“Le rispondo con un’altra domanda: dopo la strage di Duisburg con sei morti le risulta si sia scatenata una rappresaglia? No, perché i mafiosi in generale, i clan calabresi in particolare, hanno capito da tempo che non conviene ordinare omicidi ‘a caldo’. Per non attirare l’attenzione, per tutelare gli affari”.

Meglio il silenzio?

“I giornalisti, e di conseguenza i politici, si interessano del problema solo perché c’è stato il morto ammazzato, diversamente nessuno ne scriverebbe. Il fruscìo dei soldi supera sempre il rumore delle pistolettate. Forse un altro morto ci sarà, ma non ora. Magari tra 4-5 anni, quando sarà calata l’attenzione”.