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La musica non rende: il trapper guadagna con i brand

Vendite di cd irrilevanti e “spiccioli“ da Spotify. Ma le aziende si contendono i volti più noti

Di sola musica possono campare solo le rockstar. E così rapper e trapper diventano influencer, testimonial di aziende che li pagano profumatamente per sfoggiare i loro prodotti nei video che spopolano sul web. Un mondo messo sotto la lente da Andrea Bertolucci, esperto di cultura giovanile, giornalista e autore di “Trap Game“ (Hoepli). "La vendita di cd o vinili è irrilevante – ha spiegato – ma anche gli ascolti dalle piattaforme sono un flusso di redditività secondario. In media ogni volta che una traccia è riprodotta, Spotify paga a un artista un fee fra 0,003 e 0,005 centesimi di dollaro".

I trapper, però, esibiscono griffe firmate e accessori da capogiro: Sfera Ebbasta si è presentato con due Rolex al concertone del Primo maggio e ha i denti coperti d’oro e pietre preziose come molti suoi colleghi. Da dove arrivano i soldi? Attraverso le attività di branding sui social. "I maggiori marchi di moda si contendono i trapper che sono influencer a tutti gli effetti – ha chiarito Bertolucci – con milioni di seguaci sui social. C’è il merchandising. Si diversifica anche con attività parallele come la ristorazione, come ha fatto Sfera con la sua catena di Healthy Color". Poi ci sono i live che dopo due anni di stop sono esplosi: il pubblico è disposto a spendere anche molto per una performance.