MARIO ABIS*
Cronaca

La metropoli e i nuovi welfare da costruire

Mario

Abis*

Il Covid 19 è una grande prova per le città metropolitane. Al di là degli esercizi un po’ calligrafici sul “come vivremo dopo...”: nelle campagne, nel green, nei borghi, nei quartieri “separati “ etc, sappiamo bene il futuro che ci aspetta: meno Stati-nazione e più città o aree metropolitane. Tutti i flussi tecnologici, finanziari, culturali, scientifici, formativi....passano da lì e ci aspettiamo che nel 2050 oltre 10 miliardi di persone vivranno per oltre l’80% nelle città. Città che potrà essere distopica o utopica ... dipende da noi, se riusciremo a creare nuovi welfare e nuovi well-being che contrastino i pericoli: sviluppo delle diseguaglianze, densità che porta malattie e pandemie in una popolazione fatta sempre più di anziani (oltre il 35 %) e malati cronici. Esisterà un welfare fatto di materialità: materiali eco-compatibili, verde, mobilità leggera... tutto nel contesto della progettazione di spazi aperti con la natura e l’agricoltura che entrano nel tessuto urbano.

Esisterà poi un welfare dei servizi che dovranno essere concepiti come funzionali su diversi segmenti di popolazione. Anzitutto una sanità diffusa per strutte piccole e flessibili sparse nel territorio che vada “verso” (e non li attragga nella centralità ipertrofica degli ospedali) i cittadini, a cominciare da anziani e malati cronici. Ci sarà un welfare legato all’intelligenza artificiale che ottimizzerà i sevizi e ne creerà di nuovi legati al radicalizzarsi dei processi di automazione nell’abitare, nello smart working, nella telemedicina, nella gestione del traffico o dei processi burocratici. E poi vi sarà un pezzo di welfare fondamentale per anziani e bambini, la valorizzazione dei consumi culturali in diretta, dal vivo o remoto: arte, musica, teatro, eventi. Danno emozioni, combattono la depressione, creano stimoli. Un sistema ricco e complesso ma fondamentale per passare dalla distonia all’utopia del pianeta metropolitano. Al centro, un tema fondamentale: il tempo. La pandemia fra le tante negatività ci porta una novità: la consapevolezza che sempre più c’è un tempo non strutturato ma fluido che dobbiamo riempire o creare. La città ne diventa la piattaforma, ma siamo noi a doverlo scegliere fra mille opportunità . È il valore centrale del nuovo welfare: la libertà nella responsabilità. *Sociologo