
Le milaniste Julie Piga e Nadine Sorelli a confronto con gli studenti del tecnico Cardano "Nessuno ci ha mai ostacolate. E ai commentini rispondevamo con impegno e bravura".
Julie Piga e Nadine Sorelli, difensori centrali della Prima Squadra femminile del Milan, salgono in cattedra al Cardano, per una lezione di sport e vita. In auditorium, sugli “spalti“, ci sono 150 studenti e studentesse dell’istituto tecnico di via Natta. Al centro un tema, “Tutti i colori dello sport“, da declinare tra empowerment femminile e contrasto ad ogni forma di discriminazione: fa parte del programma Sport for Change di Fondazione Milan, che ogni anno coinvolge più di mille studenti. Julie, 27 anni, ha cominciato a giocare a calcio all’età di sei anni in Francia. Nadine aveva solo 4 anni quando ha iniziato col calcio e oggi ne ha 20. "Nessuno, giustamente, ci ha mai ostacolate in questa scelta", raccontano. Anche se qualche "commentino" di troppo lo hanno sentito pure loro. "Quando ho iniziato non conoscevo il calcio femminile professionistico – racconta Julie –, non avrei mai pensato di essere un giorno qui. Ora mi diverto a fare quello che più mi piace". Alla faccia di chi, quando era piccola, le diceva: "Ah c’è una ragazza in questa squadra? È “nulla“", ricorda. Ma anche da bambina aveva messo tutti a tacere con i fatti: "Quando hanno visto che non solo giocavo bene ma ero più forte di loro... non hanno più avuto nulla da dire". Per Nadine, cuore rossonero da sempre, è stato diverso: "Io ho qualche anno in meno. C’erano già realtà più vicine al professionismo e avevo esempi davanti a me, potevo già immaginarmi questo percorso", ricorda. Ha vinto due scudetti, uno con l’under 17 e l’altro con l’under 19, da capitano. Che le nuove generazioni siano più consapevoli e “allenate“ al fatto che il calcio non sia un "gioco da ragazzi" sembrano dimostrarlo anche le domande: nessuna su tabù di genere, tutte su passioni, carriera e professione delle calciatrici rossonere.
Al centro del dibattito, sacrifici e allenamento mentale, la capacità di costruire consapevolezza e di "non mollare anche quando resti in panchina, nonostante il tanto lavoro fatto, perché non lo stai facendo “per ora“ ma i risultati si vedranno più avanti". "Avere standard alti può essere un vantaggio ma anche uno svantaggio: a volte si pretende sempre di più da sé stessi, però aiuta a migliorarsi e a curare i dettagli", spiega Nadine. Che insieme a Julie racconta ai giovani del Cardano anche del valore di avere una squadra ricca di background culturali e lingue diverse, come il Milan: "Quando non si capisce l’altro, è sempre meglio chiedere e non affidarsi alle proprie percezioni, che spesso sono errate". "Io per esempio ho scoperto che le giocatrici della Svezia avevano una cultura diversa del lavoro e mi è servito: ho cambiato anche il mio modo di fare", racconta Julie. Davanti alle forme di discriminazione che si possono intercettare - su un campo di calcio come tra i banchi - che si fa? "Chiedersi sempre: e se succedesse a me? E andare dal coach, dal capitano o nel vostro caso da insegnanti e compagni, facendolo presente – il consiglio delle campionesse –. A volte si tende a chiudere un occhio, ma poi tutto può sfociare in un problema ben più grande". Il match si chiude con l’ultima iniziativa delle rossonere: hanno raccolto 300 paia di scarpe e le hanno donate a giovani beneficiarie dei progetti sostenuti da Fondazione Milan.