"È un atto coraggioso rappresentare La forza del destino ed è un regalo al pubblico milanese": lo sottolinea Alberto Bentoglio, professore di Storia del Teatro e dello Spettacolo dell’Università Statale di Milano.
Perché ci vuol coraggio?
"Perché è un’opera complessa, particolarmente lunga e che richiede un cast stellare. Un teatro che la mette in scena va premiato: bene questa scelta della Scala. Il fatto che mancasse da tempo è la prova di un’opera particolarmente impegnativa".
Sono passati 59 anni dall’ultima “Prima“ e 25 dall’ultima rappresentazione alla Scala.
"Per questo sarà una Prima importante. Anche dal punto di vista registico e teatrale è difficile da allestire. Si svolge in vari luoghi, dalla Spagna all’Italia, e richiede capacità di mettere insieme e raccontare vicende complesse. Non c’è un unico protagonista, il vero protagonista è il destino, che si diverte a fare incontrare, scontrare e innamorare i tre personaggi principali: Don Carlo, Leonora e Don Alvaro. Nel libretto spagnolo da cui è stato tratto, firmato dal duca di Rivas, era Don Alvaro il protagonista. Nella rilettura di Giuseppe Verdi e di Francesco Maria Piave diventa il destino, imperscrutabile, che domina tutto".
Il sovrintendente Dominique Meyer ha detto che è un titolo che si può proporre solo se si trova un cast stellare. E così?
"Sì, è molto complessa vocalmente per tutti: baritono, tenore, soprano, mezzosoprano e basso. Ci si deve confrontare con una scrittura vocale difficile e che dà meno soddisfazioni, perché non c’è un protagonista solo".
Prima dopo Prima cambiano gli interpreti ma Anna Netrebko è una certezza.
"È la soprano più importante del mondo, è in grado di compiere qualsiasi impresa. Anche gli altri interpreti sono bravissimi: Brian Jagde ha appena svolto questo ruolo, il baritono Ludovic Tézier lo ha interpretato già accanto alla Netrebko. Il cast è studiato molto bene, anche nella scelta degli interpreti per le repliche. Il merito va al maestro Riccardo Chailly, sempre molto attento alla ricerca dei cantanti e a garantire la qualità della rappresentazione. La parte musicale è tutta nelle sue mani: con questo titolo debutta anche lui, con un cast importante".
Con Leo Muscato si viaggerà tra quattro secoli: cosa ne pensa di questa scelta?
"Una lettura registica che guarda anche al contemporaneo crea curiosità nel pubblico e nella critica: siamo in attesa di vedere come sarà realizzata questa scelta, che credo sia stata molto ragionata, non di provocazione del pubblico. Mettere in scena quest’opera richiede massimo impegno sia per il regista che per la scenografa e la costumista".
La Prima della Scala è ancora un appuntamento clou per Milano?
"Sì, perché è anche la celebrazione della città. E non mi stupisce che attiri sempre grande interesse. L’attenzione da anni si concentra più sull’aspetto artistico che su quello mondano, rispetto a tante stagioni fa e al periodo della “Milano da bere“ molto è cambiato. Attira il pubblico di intenditori, è una vetrina internazionale e, con la Prima diffusa e gli eventi collaterali, porta emozioni in luoghi diversi, come nelle carceri, dove la musica è terapeutica. Questo Sant’Ambrogio ha un aspetto universale, più legato alla qualità dell’arte che non a celebrazioni estemporanee".
Quali sono state le Prime indimenticabili?
"Le grandi Prime verdiane, dall’Aida a Otello. Le Prime della Callas, quella del 1968 con la piazza di contestazioni. E le Prime coraggiose: potrebbe essere indimenticabile anche la prossima".
Dedicata ad Anna Tebaldi.
"E il fatto che Anna Netrebko l’abbia ricordata, dicendo che è stata punto di riferimento per affrontare quest’opera, non è scontato: è un omaggio al canto italiano e a un’interprete da non dimenticare".