REDAZIONE MILANO

La coda degli irriducibili per fare un tampone

Tra chi rifiuta il vaccino è corsa alle farmacie per ottenere un test negativo: "Preferisco stare qui in fila piuttosto che farmi vaccinare"

Non solo in piazza a manifestare. Ieri una parte dei No-Vax era in coda per un tampone. Complice l’obbligo di green pass – entrato in vigore da ieri – per tutti i dipendenti pubblici e privati, le farmacie che offrono tamponi rapidi sono state prese d’assalto. Decine le persone in coda al punto di somministrazione di corso Buenos Aires, dove l’attesa per poter fare un tampone si aggira intorno all’ora. Per chi non ha ricevuto il vaccino questa è solo la prima di tante attese. Ma cosa spinge gli irriducibili a fare almeno due volte a settimana il tampone (15 euro) pur di non vaccinarsi? Nella maggior parte dei casi, la paura: paura che il vaccino sia solo in fase di sperimentazione oppure paura degli effetti collaterali.

"Finchè non ci saranno studi più affidabili non me la sento di fare il vaccino – precisa Isabella Marchetti, libera professionista –. Anche dai miei conoscenti in ambito ospedaliero ci sono pareri contrastanti. A tutti gli effetti questo non è un vaccino: lo stiamo sperimentando noi. Perciò ho deciso di fare tamponi finché non vado in bancarotta". Nonostante le rassicurazioni degli esperti e la quantità di informazioni reperibili sull’argomento, la tesi secondo cui il vaccino anti-Covid sia ancora in fase sperimentale è piuttosto diffusa tra coloro che hanno rinunciato alla somministrazione. "Non voglio fare il vaccino perché so che è un esperimento – è convinta Gabriela Yanqui –. Faccio il tampone altrimenti non vengo pagata al lavoro". Perché ci sia davvero una libertà di scelta, secondo Candrea Ioana, barista, dovrebbe essere lo Stato a farsi carico del costo dei tamponi: "Fuori dall’Italia i tamponi spesso sono gratis. Qui invece ce li dobbiamo pagare. All’aeroporto i rapidi costano anche 50 euro". "Fanno i tamponi gratuiti in parlamento o per gli studi televisivi – si domanda un’altra signora in coda –. Non vedo perché noi dobbiamo pagarli". Anche tra chi lavora in ambito ospedaliero c’è qualche scettico del vaccino: "Lavoro come specialista in sala operatoria in ospedale, ma per entrarci devo fare tre tamponi a settimana – si sfoga Andreia Ungureanu –. Non so cosa succederà né se continuerà l’obbligo di green pass. Spero solo di poter continuare a lavorare rimanendo fedele alla mia scelta".

A fare la coda per il tampone non solo chi lavora, ma anche chi studia. Tra loro c’è Alessandro Marsanasco, studente universitario: "Anche se dovessi prendere il Covid, alla mia età starei bene – sostiene –. Non so per quanto potrò andare avanti a fare i tamponi. Credo che prima o poi si convinceranno tutti a vaccinarsi per sfinimento: secondo me è questo l’obiettivo dell’obbligo di green pass”. "Io non ho fatto il vaccino per scelta – si giustifica Esther Zulian, studentessa di danza e teatro –. Così come io rispetto chi si è vaccinato vorrei che venga rispettata anche la mia posizione".

Non possono mancare le teorie più strampalate, come quelle secondo cui la crescita degli anticorpi contro il Covid debba passare da cure omeopatiche, come la vitamina C e lo zinco. "Puntano sui vaccini per arricchire le case farmaceutiche", prova a convincerci un signore in coda per il tampone, che preferisce restare anonimo. Tra gli irriducibili, però, c’è anche chi ha ceduto: Djamel Aouassaadi fa il rider e si è vaccinato ieri, proprio nel giorno in cui è scattato l’obbligo di green pass per tutti i lavoratori. "Ero scettico, ma alla fine ho deciso di farmi vaccinare. Finché non arriverà il green pass, però, dovrò continuare a fare tamponi per poter andare al lavoro".

Gianluca Brambilla

Chiara Zennaro