
di Andrea Gianni
"La Borsa via da Palazzo Mezzanotte? Sarebbe un dispiacere per un simbolo che verrebbe cancellato, ma io sono un veterano dei mercati finanziari. Il mondo va avanti, e ormai è tutto digitale". Tito Rainis, superato il giro di boa degli 80 anni, torna con la memoria al mezzo secolo trascorso nel tempio della finanza in piazza Affari. Quando era un giovane operatore lavorava con a fianco un assistente che aveva il compito di fare la punta alle matite, e per farsi largo nella sala delle grida serviva una voce potente. La tecnologia ha rivoluzionato il lavoro di chi naviga nella finanza, ma il luogo è sempre rimasto lo stesso. Quell’imponente palazzo bianco costruito per riunire in un unico edificio la Borsa Valori e le Borse Merci, inaugurato nel 1932 da Benito Mussolini, potrebbe cambiare destinazione. Euronext, la società che controlla il listino di Milano, nell’ambito di una “spending review“ ha disdetto infatti l’affitto. La Camera di commercio, proprietaria delle mura, ha pubblicato un bando per la concessione dello spazio. Base d’asta 6.85 milioni e termine per presentare le offerte fissato per il prossimo 16 maggio. In quella data si scopriranno le carte. Fra le ipotetiche sedi per il trasferimento della Borsa, dall’anno prossimo, ci sono il “campus urbano“ in corso Italia 23, Porta Nuova e l’ex area Expo.
Tito Rainis, un passaggio epocale per la finanza milanese.
"La Borsa è lì da quasi un secolo, il trasferimento in un’altra sede sarebbe sicuramente un dispiacere. Palazzo Mezzanotte è un simbolo e bisogna fare di tutto per preservarlo, come un monumento o una storica sede di partito. Poi che cosa riprenderebbero le Tv, quando mandano in onda servizi sulla finanza?".
Un simbolo che però è troppo costoso per Euronext.
"I costi si possono recuperare, come è già stato fatto in passato, utilizzandolo per congressi ed eventi. Poi penso che non bisognerebbe agire avendo come unica bussola il risparmio".
Si tratta anche di un effetto della rivoluzione tecnologica, che ha reso la finanza sempre più immateriale?
"Con un computer adesso si può fare tutto ovunque ma, anche nella finanza, la componente umana è insostituibile. I contatti, i rapporti sono fondamentali".
Che cosa pensano i giovani operatori, di un eventuale trasferimento della borsa?
"Sicuramente sono meno nostalgici di me, hanno meno ricordi anche affettivi legati all’edificio. Alcuni ormai lavorano solo da casa, si sono trasferiti fuori Milano".
Quando è iniziata la sua avventura a Palazzo Mezzanotte?
"Nei primi anni ‘70 ho iniziato a lavorare con un agente di cambio. All’epoca si faceva tutto a mano: la tecnologia era la nostra voce nella sala delle grida, dove avvenivano le contrattazioni. C’era la stanza di compensazione, il “giornalone” dove venivano segnate le operazioni. Ricordo il rumore delle voci, simile a quello di un reattore, che aumentava all’alzarsi dei prezzi. Dall’asta gridata si è passati all’asta telematica. Passaggi anche traumatici, ma io ho sempre avuto la voglia di imparare".