
I più piccoli la aspettano con trepidazione appendendo le calze la sera prima. Che si abbia un camino o ci si debba accontentare del pomello del letto, non fa nulla: l’importante è che la Befana riempia le calze di dolci (mentre ai “cattivi“ è destinato il carbone). Sarà così anche oggi, giorno dell’Epifania in tempo di pandemia. Rima che sdrammatizza. Immaginiamo i piccoli già in piedi, con gli occhi pieni di stupore per i doni trovati. Una tradizione che non si perde e che anzi aiuta a iniziare il nuovo anno con dolcezza, chiudendo le porte alle festività natalizie concluse e ricominciando con gli impegni quotidiani, che mai come quest’anno sono desiderati. La "nonnina" è una sorta di ponte tra le due realtà, arrivando sulla sua scopa di notte e calzando "scarpe rotte", come dice la canzoncina a lei dedicata. La sua è una figura antichissima, risalente addirittura a prima del Cattolicesimo, legata a riti pagani officiati dagli antichi romani e associati alle stagioni: 12 giorni dopo il solstizio d’inverno, secondo il calendario romano si celebrava infatti la morte e la rinascita della natura, e si diceva che di notte delle figure femminili volassero sui campi per renderli fertili. Nella cultura cattolica, la sua figura è stata poi associata ai Re Magi che proprio il 6 gennaio portano i loro doni a Gesù Bambino. M.V.