MARIANNA VAZZANA
Cronaca

La banda degli hacker truffatori: in un anno fatturati 300mila euro

Ventenni, attiravano coetanei con scarpe e vestiti a prezzo stracciato. Poi spedivano “patacche”

di Marianna Vazzana

"Ti sono arrivati dei mattoni?". "Un mio amico ha comprato delle Gucci ma sono arrivate delle Pucci". C’è chi scrive di essere incappato in una fregatura "intergalattica" e chi non usa mezzi termini: "Ladri". Sono alcuni dei commenti sulle pagine Facebook e Instagram di Yourun, attività on line di vendita di scarpe spacciate come originali ma in realtà copie prodotte in Cina, come emerso dalle indagini della polizia, i cui imprenditori giovanissimi sono finiti nei guai con le accuse di associazione per delinquere finalizzata all’introduzione nel territorio dello Stato di prodotti con marchi contraffatti, truffa, ricettazione, indebito utilizzo di carte di pagamento intestate a terzi e autoriciclaggio: custodia cautelare in carcere per "la mente", un disabile di 23 anni in carrozzina (ora ai domiciliari), abilissimo nel campo informatico, che nel 2015 era stato riconosciuto tra gli hacker di Anonymous responsabili dell’attacco al sito della deputata di Forza Italia Catia Polidori. Al suo fianco, il "consulente marketing", un ventiduenne soprannominato Masha, figlio di un ricco imprenditore egiziano, ai domiciliari, e un altro ventiduenne, per il quale è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, che gestiva i clienti e il sito della società. La banda si serviva di 4 reclutatori di 22 e 23 anni (indagati) che avevano il compito di convincere amici e conoscenti a intestarsi carte PostePay e sim telefoniche in cambio di 50 euro, come punto d’appoggio per le transazioni, prima che i soldi confluissero su conti correnti in Germania o in altri paesi, reinvestiti nell’attività o trasformati in criptovalute per non essere tracciabili.

Ed è stato grazie ad alcuni prestanome, che vedendo transitare somme spropositate di denaro si sono rivolti alla polizia, che a gennaio sono scattate le indagini condotte dal commissariato Greco-Turro diretto da Rosanna Chironi e dalla polizia postale, con il coordinamento dei pm Eugenio Fusco e Carlo Scalas. Le scarpe, prevalentemente sneakers, venivano acquistate da un imprenditore cinese a un prezzo che oscillava tra 70 e 110 dollari a seconda della qualità e poi rivedute al triplo del prezzo. In una chat, Masha chiede al ventitreenne se le scarpe siano originali e la sua risposta è: "Ahaha no fra, le abbiamo fatte io e mia nonna sul letto di casa". L’attività andava molto bene perché solo nel 2020 il bilancio è stato di 300mila euro, con un utile di 117mila euro, grazia e a 1.172 ordini. Tutto annotato in maniera maniacale dal ventitreenne, che aveva pure stilato un "protocollo" invitando tutti a cancellare le tracce dai telefoni ogni tre mesi. Una vera azienda illegale, secondo gli investigatori. Al punto che ciascuno aveva uno stipendio, tra 700 e mille euro, e poteva concedersi cene in ristoranti e vacanze di lusso: non è un caso che, sempre su Facebook, un utente scriva: "Il tempo a Cortina? Grazie". Gli "imprenditori" facevano attenzione anche alla reputazione, riequilibrando il tenore dei commenti sui social (inserendone di positivi) e arrivando anche a rimborsare in certi casi chi si accorgeva della truffa.