Krimisa, quel patto tra politica e ’ndrangheta

L’inchiesta dei carabinieri sui legami tra il sindaco di Ferno (indagato per scambio di voti) e il luogotenente del boss, oggi pentito

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di Nicola Palma

All’epoca Filippo Gesualdi era candidato sindaco di Ferno, Comune del Varesotto sul cui territorio si sviluppa parte dell’aeroporto di Malpensa. A pochi giorni dalle elezioni, poi vinte l’11 giugno 2017 dall’esponente di Fratelli d’Italia con 1.316 preferenze (contro le 1.252 della rivale), il sessantenne avrebbe accettato "la promessa da parte di Emanuele De Castro, effettuata per il tramite di Mario Curcio, suo uomo di fiducia, ed Enzo Misiano, di procurargli voti in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa".

Sì, perché De Castro, prima di diventare un collaboratore di giustizia, era il braccio destro di Vincenzo Rispoli, il boss della locale di ’ndrangheta di Legnano-Lonate Pozzolo, come certificato già dalle condanne nei processi Infinito e Bad Boys e confermato dall’operazione Krimisa (5 anni in abbreviato) dei carabinieri del Nucleo investigativo di via Moscova, guidati dai tenenti colonnelli Antonio Coppola e Cataldo Pantaleo. Ed è proprio da quell’inchiesta del 2019 che si è sviluppato il filone che si è concluso ieri con l’avviso di chiusura indagini notificato a Gesualdi e a Curcio, "uomo di fiducia" di De Castro, che avrebbe fatto da intermediario (insieme all’ex consigliere comunale Enzo Misiano, condannato a 8 anni e 8 mesi) tra l’aspirante primo cittadino e il luogotenente del boss. In particolare, hanno accertato i militari coordinati dal pm della Dda Alessandra Cerreti, Gesualdi si sarebbe interessato "all’acquisizione dei terreni, siti in Ferno, da destinare ad attività imprenditoriali" legate a De Castro: "Prima che mi incazzo e poi va a finire che a questo lo devo veramente venire a pigliare a schiaffi a sto sindaco – l’intercettazione riportata nel provvedimento in cui il mafioso parlava del sindaco –. Prima ha chiesto, mo’ che chiediamo noi, ma io non sto facendo niente di illecito...". In un altro dialogo captato dalle microspie, invece, era Gesualdi a dire di De Castro: "Ma sì, ma eh scusa lui... allora gli ho detto a lui quando m’ha chiamato col vigile, gli ho detto: “Vieni lunedì pomeriggio o mercoledì pomeriggio ché c’è il tecnico. Andiamo dal tecnico insieme e ci andiamo a parlare”. Io più... più che dirgli questo io...". Negli atti, si sa pure riferimento a "un tentativo di aggiudicazione della gestione dei campi sportivi, siti in Ferno, in favore di Mario Filippelli", altro esponente di spicco della locale di Lonate Pozzolo.

Nessuno dei due progetti si è alla fine concretizzato, ma l’articolo 416-ter, che punisce lo scambio elettorale politico-mafioso contestato a Gesualdi e Curcio, contempla anche la sola "promessa" – da parte di chi accetta i voti messi a disposizione dai clan – di erogare "denaro o qualunque altra utilità" o di "soddisfare gli interessi o le esigenze dell’associazione mafiosa". "Mi dichiaro completamente estraneo ai fatti che mi vengono contestati – la replica del sindaco –. Nel corso del mio mandato ho sempre e solo avuto a cuore gli interessi dei cittadini di Ferno e non ho favorito nessuno. Tantomeno ho fatto promesse a soggetti malavitosi. Ciò premesso, affronterò le accuse che mi vengono rivolte con serenità e mi difenderò in qualunque sede nella certezza di riuscire a chiarire ogni aspetto di questa vicenda. Ho massima fiducia nella magistratura, che sono sicuro saprà accertare la mia totale estraneità e l’inconsistenza di questa assurda vicenda".

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