MARIO CONSANI
Cronaca

Kilpin dimenticato: fondatore del Milan relegato in un loculo quasi introvabile

E' sepolto nel Famedio del Monumentale

di Mario Consani

Al Monumentale c’è finalmente arrivato qualche anno fa, grazie all’iniziativa di un supertifoso e della società rossonera. Ma Herbert Kilpin, l’inglese di Nottingham trapiantato in città che una sera di dicembre di 121 anni fa inventò e fondò il Milan Football and Cricket Club, la prima squadra di calcio di Milano, nel cimitero più importante è sì ospitato con tanto di nome inciso nel Famedio, ma di fatto è anche relegato in un piccolo loculo quasi introvabile in Galleria di Levante, reparto XV, posto 162.

Troppo stretto lo spazio a disposizione dei tifosi che volendo omaggiare la sua memoria possono al massimo scattare una foto della lapide. A parte la presenza fissa di un mazzo di fiori (finti) avvolti in una sciarpa rossonera, altro lì non può starci. Ben diversa sarebbe, per esempio, una sistemazione come quella riservata al milanese Peppino Meazza, cui lo stadio di San Siro è intestato avendo lui giocato con entrambe le squadre della città, ma che certo legò la maggior parte della sua carriera ai colori interisti. La tomba del centravanti, uno dei più forti del secolo scorso, è giustamente dislocata nella parte “nobile“ e spaziosa del sotterraneo del Famedio, quella che ospita grandi personaggi come Dario Fo e Franca Rame, Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci, Alda Merini e Franco Parenti, ma anche altri grandi campioni dello sport come il pugile Duilio Loi e il ciclista Antonio Maspes.

Kilpin, nato in Inghilterra giusto 150 anni fa, figlio di un macellaio, crebbe affascinato da quella sfera rotonda che vide prendere a calci dai suoi coetanei. Approdò in Italia appena ventenne al seguito dell’amico Edoardo Bosio, conosciuto in patria e convertito pure lui alla tecnica del pallone, nella vita dirigente di una fabbrica tessile torinese che volle Herbert con sé come istruttore di altri operai. Fu nel capoluogo piemontese che Kilpin impartì lezioni pratiche del gioco prima di trasferirsi a Milano per lavoro. Non era più un ragazzino, ma decise di formarla qui una squadra come piaceva a lui, coi giovani usciti dalle società di ginnastica e alcuni amici torinesi che lo seguirono nell’avventura. Per le maglie aveva già scelto il rosso "come il fuoco" e il nero "come la paura che incuteremo agli avversari". Del Milan che vinse i primi scudetti a cavallo del secolo fu capitano e goleador prima di ritirarsi a 38 anni e diventarne l’allenatore. Sposata nel frattempo una ragazza di Lodi, Kilpin morì relativamente giovane per l’epoca, nell’ottobre di guerra 1916.

Riposò per decenni in un loculo anonimo del cimitero di Musocco, dove una mano distratta aveva inciso sulla lapide un nome sbagliato, Alberto. Ci volle, 80 anni dopo, lo studio appassionato del tifoso milanista Luigi La Rocca per inseguire le tracce del ragazzo venuto da Nottingham, ritrovarne le spoglie e ottenere infine che quei resti mortali venissero trasferiti al Monumentale.