
Io, ex studente, prof e chef Impresa h24, serve passione
Del Vespucci è stato un alunno e pure un prof. Carlo Romito, classe 1957, chef di fama internazionale e per 40 anni dirigente di associazioni di categoria (è stato anche segretario generale della Federazione italiana cuochi e presidente di Solidus), è alla regia del sessantesimo compleanno del primo istituto alberghiero di Milano. "Quando ho iniziato a studiare io non esisteva ancora la ’maturità’ alberghiera, al Vespucci è arrivata a fine anni Settanta", racconta.
Ricorda quegli anni?
"Era la Milano delle industrie, che ti dava lavoro subito dopo la licenza di scuola media. ’Ma chi te lo fa fare di continuare a studiare?’, mi dicevano. E ogni tanto mi prendevano in giro per i sacrifici che il mondo della ristorazione richiedeva già allora. Altro che uscite serali...".
Si è mai pentito della scelta?
"Mai. E a ricordare quegli anni scende pure qualche lacrimuccia. Ricordo le prime stagioni a Barzio, al Grand Hotel Ballestrin, una vera palestra per il Vespucci. Gli stage erano sempre pagati. Si faceva molta pratica. Uno dei primi ristoranti in cui sono stato io è la Vecchia Cascina di Gorla, che non esiste più, e che ai tempi richiamava i grandi appassionati delle corse rally".
Com’era il mondo del lavoro?
"C’erano tantissime proposte di lavoro a Milano, potevi scegliere tu. E a Milano, al Vespucci, ho cominciato a insegnare. Poi mi sono innamorato di una ragazza, che è diventata mia moglie, e sono andato a vivere in Liguria, dove sono stato anche docente prima di tenere masterclass all’estero e al Culinary Institute of America. In questo lavoro non si smette mai di imparare, così, dopo avere preso anche la maturità, mi sono iscritto a un corso biennale della Bocconi in Discipline turistiche".
Ha lavorato in tutto il mondo, qual è il rapporto con Milano?
"Se ho fatto qualcosa nel mio mestiere lo devo a Milano, è stata formante. Non è campanilismo, ma mi sono confrontato tutta la vita con situazioni che avvengono solo qui. E qui sono riuscito a organizzare iniziative per me importanti, penso al lavoro fatto anche con il gruppo di Nando dalla Chiesa e Libera. Abbiamo visitato gli alberghi confiscati alla mafia e organizzato un’iniziativa con la procuratrice Dolci: il 20% delle imprese del settore in Lombardia sono in odor di mafia, temevo pochi partecipassero vista la delicatezza del tema e invece si sono presentati in tanti, un bel segnale".
La pandemia ha penalizzato il settore, in cerca di rilancio. Un consiglio agli studenti?
"La richiesta di professionisti c’è, il nostro comparto è sempre più cruciale per l’Italia e Milano in particolare. La sfida del futuro si chiama sostenibilità alberghiera. Bisogna studiare sì, tutta la vita, e fare sacrifici perché un albergo è un’azienda h24 e un ristorante è h16. Serve tanta passione, ma le soddisfazioni arrivano eccome".Si.Ba.