La storia si ripete. Quella ai danni del capotreno di Genova è stata l’ennesima aggressione e i politici di turno si “risvegliano“. Mi chiedo come non si sia fatto niente dal lontano 2008, quando io, all’epoca capotreno di Trenord, sono stato aggredito (99 giorni di Inail!) o quando, tempo dopo, a un altro capotreno hanno quasi amputato un braccio con un machete. Qui ci vogliono condanne, carcere, certezza della pena. E che la magistratura sia dura. Basta buonismo, sia da parte degli avvocati, sia da parte dei giudici. Se un capotreno viene aggredito, che i passeggeri lo aiutino e non lo lascino solo. Non è giusto che nella percezione di tanti viaggiatori e di presunti specialisti di cose ferroviarie, noi capitreno veniamo considerati non lavoratori e persone ma solo dei numeri. È giusto che ci si occupi dei viaggiatori e dei loro problemi, ma non vanno assolutamente dimenticati le donne e gli uomini del personale viaggiante, con tutto quello che rischiano sulla propria pelle. E che i poliziotti siano messi nelle condizioni di difendere e di difendersi e non debbano giustificarsi perché hanno usato i manganelli (ovviamente nei limiti consentiti). Leggo di posti di polizia aperti nelle stazioni dalle 7 alle 23. E prima? E dopo? Sono stanco di inutile buonismo. Questa è una lettera di condanna: dal 2008 non è cambiato niente. Anzi, è peggiorato tutto!
Difficile dire se nella mail dell’amico capotreno ci sia più delusione, più delusione, più amarezza. Tutte e tre sono presenti al massimo grado. Non è ammissibile che il lavoro si trasformi in rischio. E che il rischio non venga, se non prevenuto, almeno il più possibile ridotto.