Milano, investita in bici: il coma, il risveglio e la seconda vita di Beatrice

"Sono rinata dopo l'incidente sul ponte della Ghisolfa. Ora ho rimosso tutti gli eventi traumatici della mia vita"

Quando mi sono svegliata, dopo due settimane di coma, ero confusa. Non ricordavo nulla. Neppure di essere andata a vivere da sola. Men che meno dell’incidente. E ancora adesso ho problemi di memoria: ho rimosso tutti gli eventi traumatici della mia vita. Come il funerale di mio padre, risalente a 8 anni fa". Beatrice Macrì è stata investita un anno fa mentre pedalava sul cavalcavia Bacula, noto ai milanesi come Ponte della Ghisolfa, in direzione piazzale Lotto. Erano le 19.30 del 17 luglio quando un’Opel Astra la “agganciò“ da dietro, sbalzandola dalla sella. Lei finì prima sul cofano dell’auto e poi sull’asfalto. Un impatto violentissimo che le causò un trauma cranico e varie fratture. Poi il trasporto in codice rosso al Niguarda: Beatrice lottava tra la vita e la morte. Il coma è durato due settimane. Ed è arrivato il miracolo del risveglio, seguito dal tempo del lento recupero al Centro di riabilitazione Don Gnocchi in zona San Siro, dove la ragazza è rimasta fino a ottobre, tornando periodicamente per completare le terapie. Ora è tempo di rinascita: "Ho festeggiato venerdì il mio ventisettesimo compleanno. Il primo dopo l’incidente. Il primo della mia seconda vita. Ho voluto accanto tutte le persone che mi sono state vicine in questo momento difficile: parenti e amici preziosissimi", che l’hanno aiutata a rimettere in fila i pezzi della sua vita. A ricordare a poco a poco, mostrandole fotografie e raccontandole la sua storia. "Io mi sono riscoperta, e ancora non ho finito. Ogni giorno recupero una parte mancante di me", da un cassettino dei ricordi che riesce ad aprire solo con l’aiuto di chi la conosce.

Come si sente a un anno dall’incidente? "Bene, tutto sommato. Ho completato il ciclo delle terapie (ho festeggiato anche per quello), sono tornata a vivere a casa mia condividendo gli spazi con una coinquilina, ho ripreso il mio lavoro in una casa di produzione video".

Quali sono le difficoltà più grandi? "Sono legate soprattutto alla memoria. Per ricordare qualcosa, devo scriverla. Tornando al lavoro la difficoltà principale è stata quella di dover gestire un grande numero di informazioni. All’inizio mi sentivo come “bombardata“. Sono grata di poter contare su persone comprensive, che mi vengono incontro in tutti i modi: non era scontato. L’incidente mi ha causato anche altro, purtroppo: non ho più il senso dell’olfatto (e nel mio caso il Covid non c’entra nulla). Ho avuto un’embolia polmonare e non posso più fumare. Ma questo è un bene, anzi “è solo meglio“, come dico sempre. E mi sono ritrovata con diverse ossa rotte tra cui la clavicola. Quindi, finché non è tornata a posto, e c’è voluto tempo, non potevo muovermi più di tanto. E molto spesso mi girava anche la testa. Dopo essere uscita dal centro riabilitativo sono tornata a casa di mia madre perché avevo bisogno di assistenza. Mi è capitato di avere un attacco di panico per il troppo stress. Ancora adesso, qualunque azione debba compiere, anche la più banale, mi domando “ma io posso farlo, questo?“. Però a poco a poco ho ripreso in mano la mia vita, sono tornata a vivere a casa mia in Bovisa. Quando mi sono risvegliata dal coma non ricordavo neppure di averla, una casa mia".

Non ricordava nulla? "All’inizio no. Ma anche durante la riabilitazione mi capitava di non ricordare un’azione compiuta poco prima. Sull’incidente, poi, è buio totale. Sono state le amiche a raccontarmi cosa fosse accaduto quella sera. Loro mi aspettavano, stavo per raggiungerle in bicicletta dalle parti di Baggio. Non vedendomi arrivare hanno provato a telefonarmi e, visto che sembravo sparita nel nulla, hanno chiamato mia madre. Così hanno saputo del tamponamento".

Le responsabilità sono state accertate? "C’è un processo in corso. I tempi saranno lunghi. Io so solo che a guidare l’auto era un uomo, ora sotto processo".

C’è altro che non ricorda? "Tutti gli eventi traumatici della mia vita. Se ci sono fotografie, queste mi aiutano molto, unite alle narrazioni di chi c’era. In questo modo io riesco a recuperare il mio vissuto. Ma se non esistono foto, come nel caso del funerale di mio padre, io non trovo quell’evento nella mia memoria. Ho iniziato ad andare da uno psicologo: spero possa darmi una mano".

È più tornata sul cavalcavia Bacula? "Sì, lo percorro ancora in bici. Però pedalo sul marciapiedi per sentirmi protetta. Dopo essermi ripresa ho recuperato i pezzi della mia bicicletta smembrata e li ho rimessi insieme: è stato molto importante per me. Ogni volta che pedalo quella bici a cui ho dato una seconda vita, non posso non pensare anche alla mia".

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