
Marco Masini
Milano, 30 maggio 2015 - «Milano è la città in cui riempio il mio bagaglio di vita». Marco Masini ama il capoluogo lombardo perché «ogni volta che ci vengo non faccio mai un viaggio a vuoto».
Viene a fare provviste? «In un certo senso sì. Di esperienze di vita, di musica e anche di amore. Milano mi ha folgorato sin dalla prima volta in cui ci ho messo piede. Erano gli anni ’80, mi esibivo come musicista dance, incidevo pezzi per le discoteche di Firenze. Nella mia città di origine conobbi DragoDJ, un collega che mi invitò a Milano per cominciare una collaborazione».
I suoi primi amori milanesi? «I tram. Mi avevano colpito molto. Lo studio di registrazione era in fondo a Corso Sempione e mi piaceva prendere il tram e fare quel lungo tragitto. Questa città mi sembrava immensa rispetto a Firenze. E poi proprio durante uno di quei viaggi conobbi una ragazza, Giusy. Ci scambiammo il primo bacio proprio sul tram. E poi ci mettemmo insieme. Ma la storia durò solo due mesi».
Ci ha riprovato? «Sì, in tutto ho avuto sei relazioni con ragazze conosciute a Milano. L’ultima risale al 2007. Le ragazze fiorentine mi interessano meno perché parlano come me. L’accento milanese è simpatico, mi diverte e poi è elegante e poco cantilenante. Ha meno modulazioni di altre cadenze. Non immagino mai un milanese con il cosiddetto pianto nella voce, me lo figuro, invece, che fornisce spiegazioni».
La via milanese che le fa battere il cuore? «La via Valtellina. Lì c’è la discoteca Alcatraz che frequentai quando era di proprietà di Enrico Rovelli, il mio primo impresario. Non ci ho mai suonato, ma ho ascoltato tantissimi gruppi del genere heavy metal e di musica elettronica. Erano gli anni ’90. Cominciavo ad essere conosciuto. Avevo vinto Sanremo giovani con “Disperato”. Ma all’Alcatraz pochi mi fermavano, proprio perché c’era un genere di musica diverso. Potevo mantenere il mio anonimato e godermi le serate. Poi mi piaceva anche la strada. Quella via Valtellina allora aveva più il senso di periferia un po’ degradata. Ma viva. A qualsiasi ora della notte trovavi gente che girava. Mi ricordava una via di Londra, quella sua dimensione di ruvidezza la collegavo alla mia voglia di buttarmi nella vita, di tentare. Era una strada in anticipo sui tempi, mi dava la sensazione che lì potesse capitare qualsiasi cosa, potessi incontrare chiunque».
E dei milanesi che idea si è fatto? «A Milano la gente vive secondo ritmi precisi. Lavora fino a una certa ora, ma poi fa sport, va in giro, vive la città. I milanesi cercano il loro spazio verde, ci tengono moltissimo. Amano il contatto con la natura. E poi non ho mai conosciuto un milanese che non avesse un progetto di lavoro e di vita».
Ha pensato di trasferirsi a Milano? «Sì, molte volte, anche se non me la sento ancora di lasciare Firenze. Comunque qui vengo spesso. Milano è come una lente d’ingrandimento: amplifica gli effetti di quello che fai. Per esempio i miei tour europei sono proprio partiti dopo che ho fatto alcuni showcase a Milano a cui avevo invitato impresari stranieri».
Nel suo triplo album “Cronologia” (Sony Music) pubblica i suoi successi, abbracciando idealmente la sua carriera. E’ tempo di bilanci? «Non faccio mai bilanci, perché non servono. Penso che il meglio venga sempre domani. Invece posso affermare che avrei potuto gestire meglio alcuni miei momenti di difficoltà. Le crisi vanno prese come campanelli d’allarme, come segnali dell’evoluzione della propria musica, mentre io pensavo solo a farle passare in fretta. Forse non sempre sono stato attento al cambiamento dei tempi. Il problema è che quando vendi un milione e mezzo di dischi ti senti eterno».
Cosa vuol dire? «La musica è una specie di droga e va maneggiata con cura. Ho forse premuto troppo sul pedale dei concerti. Ora sono più riflessivo, mi chiedo sempre prima: perché esibirmi, quando e dove farlo».
Vuol realizzare un progetto musicale a Milano? «Sì, aprire qui un centro che insegni ai musicisti come autoprodursi. Per rendere i giovani talenti più sicuri e contribuire a migliorare il mondo della musica».
di Massimiliano Chiavarone mchiavarone@yahoo.it