
Giosada al parco Nicolò Savarino di Milano
Milano, 20 febbraio 2014 - «Milano mi fa sentire in un vortice». Lo racconta Giosada, nome d’arte di Giovanni Sada, il vincitore della scorsa edizione di «X Factor» su Sky Uno. «Questa città ti fa misurare con le tue potenzialità. Anzi te le tira fuori».
Non avviene così a Bari, la sua città di origine? «Sono molto legato a Bari, dove continuo a vivere, nonostante ormai per 2-3 volte al mese venga a Milano, ma si tratta proprio di due mondi diversi. A Bari è automatico autocensurarsi di fronte a qualsiasi progetto per non avere delusioni. Mi spiego: ho un'idea che mi sembra bella, ma le difficoltà di realizzarla sono spesso insormontabili per cui finisco per rinunciare. A Milano invece non accade».
Cosa succede a Milano? «Che puoi pensare a un progetto e metterlo in pratica. Qui trovi le condizioni, la mentalità giusta, le risorse, i servizi, una rete di contatti, di artisti e di professionalità diverse con cui interagire. Mentre a Bari ti tagli le gambe prima di cominciare, ma agendo così non contribuisci neanche allo sviluppo culturale e umano del posto dove vivi».
La sua prima volta in questa città? «Nel 2007, per la laurea di mia sorella Bruna alla Civica Scuola di Liuteria. Lei ha studiato qui anche se ora vive a Bari. Costruisce chitarre classiche. All’inizio Milano mi ha fatto un’impressione negativa, troppo diversa dalla città di mare da cui provengo e invece…».
Invece? «Nell’estate del 2015 sono venuto a fare l’audizione per «X Factor», l’ho superata e sono stato ammesso alla gara. Ho fatto le otto puntate del programma fino a essere proclamato vincitore il 10 dicembre. In quei mesi ho visto poco Milano, perché mi dividevo tra un loft dove alloggiavo e gli studi di via Deruta, vicino piazza Udine. In compenso c’era Aurora Ramazzotti che mi portava le foglie del Parco Lambro per lasciarmi un ricordo della città».
A parte gli scherzi, ora conosce meglio Milano? «Sì, faccio lunghe passeggiate. Non prendo la metro perché una volta mi sono perso, del resto i treni non mi piacciono. Poco tempo fa ho camminato quasi tutta la notte partendo dal Duomo e arrivando ai Navigli. Mi piace l’odore di questa città quando c’è freddo ed è avvolta dalla nebbia. Per conoscerla davvero, bisogna percorrerla a piedi, scoprire i suoi lati più a misura di persona. Capisci così che il dinamismo che la anima di giorno è solo una delle sue facce. Di notte Milano si rasserena e diventa indifesa».
La sua zona preferita? «Il Parco Nicolò Savarino, lo attraverso spesso per andare nel mio studio di registrazione, il «Godz Recording Studio» di Luca Serpenti, in via Guerzoni, vicino a viale Jenner. Lì ho inciso molti pezzi tra cui l’inedito «Il rimpianto di te» che ha contribuito alla mia vittoria a «X Factor». Ora questo brano è entrato nel mio Ep di debutto «Giosada» (Sony). Quel parco mi piace molto, innanzitutto perché è stato mantenuto nonostante facesse parte di un ospedale che ora non esiste più. E di quella costruzione resta ancora un muro di mattoni rossi talmente bello che me lo porterei a casa. Poi ci sono lunghi viali, con tantissimi tipi di alberi tra cui i carpini, gli aceri americani e anche alberi di fichi. Venendo qui mi ricarico prima di rimettermi a suonare».
Quando si è avvicinato alla musica? «A 7 anni ho preso lezioni di pianoforte, poi ho continuato da autodidatta. Sono nato in una famiglia di artisti, mio padre Silvio, è impiegato, ma ha sempre suonato nella band «Addosso agli scalini» con gli amici. Fanno rock e musica etnica riscoprendo i punti di contatto tra il sound tradizionale pugliese e quello arabo. Mentre mia madre Paola insegna danza contemporanea. I miei non mi hanno trasmesso conoscenze, invece mi hanno spinto a fare esperienza».
Ne ha fatta? «Sì, ho fondato la mia prima band a 17 anni. E non mi sono più fermato. Con le mie varie formazioni ho fatto più di 400 concerti in tutta Europa soprattutto ad Est dal 2009 al 2015. Ma ho fatto anche altre cose, in una cooperativa di multiservizi ho lavorato come facchino e addetto allo montaggio e smontaggio di palchi per concerti. E’ stato comunque un modo per stare in contatto con la musica. Ora però posso dedicarmi solo a questa, grazie anche ai «giusti movimenti» che Milano ha dato alla mia vita».
di MASSIMILIANO CHIAVARONE mchiavarone@gmail.com