
Antonio Ornano, attore, davanti al Politecnico di Milano
Milano, 26 settembre 2015 - «Milano mi dà sempre una mossa». Lo racconta l’attore Antonio Ornano.
Le dà anche la scossa? «Sì, sin da quando ero bambino».
E cosa ci faceva uno spezzino, di adozione genovese a Milano in tenera età? «Venivo a trovare un cugino di mia madre, che si era trasferito a Milano. E’ lo stilista Maurizio Baldassarri».
Era sufficiente questo a trasmetterle good vibrations? «Certo, perché lo zio ogni volta che venivo a fargli visita, soprattutto quando ero più grande, mi regalava tanti vestiti. Per essere sinceri lo fa ancora adesso. E poi come dimenticare il concerto di Vasco all’Arena a cui assistetti verso la fine degli anni ’80. Ma soprattutto l’esempio dello zio mi ha aperto gli occhi su Milano».
Cosa vuol dire? «Zio Maurizio è un uomo che si è fatto da solo ed è l’esempio di come Milano offra le condizioni per sviluppare il talento».
Anche il suo talento artistico? «Certo, dopo i primi passi che ho mosso a Genova dove ho frequentato un corso di recitazione e ho incontrato due grandi maestri, Renato Leopaldi e Roberto Bobbio. Volevo fare sul serio, ho iniziato col teatro di ricerca, ma non trovato niente per cui sono passato al cabaret. A proposito di grandi incontri milanesi c’è anche Carlo Turati, ma che ho conosciuto al laboratorio Zelig di Genova».
Uno degli autori dello storico cabaret di viale Monza? «Sì, era nel capoluogo ligure per tenere lezioni sull’umorismo e il linguaggio comico. Al provino per essere ammesso al corso di Zelig ho portato il personaggio del “life coach” che mi veniva facile data la mia esperienza alla Confcommercio di Genova».
La Confcommercio? «Sì, per mantenermi, dopo la laurea in Giurisprudenza, ho lavorato per la Confcommercio di Genova dal 2000. Mi sono licenziato quest’anno».
Segno che può farcela senza uno stipendio fisso? «Diciamo che ho deciso di dedicarmi alla carriera di attore. Inoltre in casa anche mia moglie Laura lavora. Ma nei mie pensieri resta sempre Milano».
Perché non si trasferisce qui? «Mi piacerebbe, ma purtroppo mia moglie lavora a Genova. A Milano ci sono tanti genovesi, anche se con questa città mantengono un “approccio genovese”, cioè hanno la saudade, la nostalgia di Genova».
Lei invece no? «Non siamo mica in Nuova Zelanda. Sono molto legato a Genova ma dista da Milano solo un’ora e mezza di auto».
La zona di Milano che preferisce? «Piazza Leonardo da Vinci, dove sorge il Politecnico. In quella prestigiosa università ci ho fatto due spettacoli. In particolare l’ultimo nell’Aula Magna. Proprio in quell’occasione ho interpretato l’etologo in “Che fatica sopravvivere” con il biologo naturalista Francesco Tomasinelli. E’ stato lui, dai tempi dell’università a Genova a raccontarmi un sacco di curiosità e stranezze sul mondo animale, che hanno poi ispirato il Professor Ornano. Lo spettacolo al Politecnico andò benissimo e ad applaudirci c’erano studenti e professori».
Perché le piace questa zona a parte quell’esibizione? «Perché mi trovo a mio agio nell’ambiente universitario. E’ come essere in una pentola in continua ebollizione. I ragazzi dell’università sono energia pura, pieni di storie, idee, speranze, progetti, voglia di costruire, sono l’antidoto a qualsiasi idea di declino. E sono una delle forze di Milano. Il campus del Politecnico, il suo parco, i bei palazzi d’epoca attorno creano un insieme spettacolare: i cervelli di tanti giovani talenti convergono qui e guardano al futuro. Una cosa importante da dire è che Milano non è autoreferenziale».
Questa ce la deve spiegare. «Non si crogiola nel suo passato, non vive degli splendori dei ricordi, è sempre pronta a ricominciare, a vivere il momento. Anche se forse eccede in frenesia e attivismo con risvolti talvolta buffi».
Un esempio? «Ho lavorato nel campo delle risorse umane a Milano e ho notato questo: qui esiste l’approccio del “faccio io”, cioè quando in riunione si decide di dover fare qualcosa tutti si offrono di farlo, mentre a Genova è molto più frequente il “fugone”, cioè magicamente spariscono tutti».
Il suo prossimo monologo? «Un ragazzino milanese che tifa Napoli».
di Massimiliano Chiavarone
mchiavarone@yahoo.it