
L’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, 74 anni
Milano, 8 febbraio 2025 – In Lombardia mancano già almeno duemila infermieri, certifica l’assessore regionale al Welfare Guido Bertolaso, e in Italia tra il 2023 e il 2033 ne sono previsti circa 113mila in uscita dal servizio.
Con possibilità di turnover scarse, se per 20.435 posti disponibili nei corsi di laurea in Infermieristica nel 2024-2025 si son presentati in 21.178: un delta di 743, un quarto dei tremila rimasti fuori l’anno prima (con quasi 400 posti in meno).
In Lombardia
In Lombardia va peggio: alla Statale sono rimasti vuoti quasi duecento posti (erano 810, sono arrivate 613 domande), in Bicocca e a Brescia un sesto del totale, a Pavia e a Varese addirittura un terzo; e dove i candidati superavano le disponibilità, cioè nelle università private Humanitas e San Raffaele, la “miglior” performance di quest’ultima vedeva un sovrannumero del 44% sul numero chiuso che, quasi ovunque, si chiude prima per mancanza di candidati.
La novità
Per far fronte a una carenza che nella sanità italiana fa impallidire pure quella di medici, il ministero della Salute ha istituito per decreto l’Ai. Non sta per intelligenza artificiale, ma per “assistente infermiere”: evoluzione del contestatissimo super-Oss (od Osss, con tre S) partorito dal Veneto, ratificata da un accordo in Conferenza Stato-Regioni, è una figura a metà tra l’infermiere e l’operatore socio-sanitario che, con una formazione di almeno 500 ore, assumerà una serie di compiti oggi appannaggio del primo.
I compiti
Anche complessi come elettrocardiogrammi o nutrizione attraverso sondini e stomie, che “richiedono una formazione solida. Non basta qualche centinaio di ore”, avvisa Carmela Rozza, consigliera regionale del Pd e infermiera che ieri al Pirellone ha organizzato un convegno sull’assistente infermiere.
Che “non può essere la risposta” a una mancanza d’infermieri “antica” in Lombardia, e “rischia di aumentare la fuga dalla professione. Non si possono liquidare quelli che abbiamo chiamato eroi del Covid sostituendoli con una figura meno qualificata, con conseguenze paurose sulla qualità dell’assistenza, e il cui stipendio differisce da quello di un infermiere laureato di soli 50 euro”, ha ribadito la consigliera al l’assessore.
Il progetto
Bertolaso ha spiegato che la Lombardia implementerà gli Ai partendo “con un progetto sperimentale in un’Asst”. E “alcuni punti fermi nell’accordo Stato-Regioni” perimetrano il lavoro di queste figure all’assistenza “ad adulti e anziani, non pediatrica” e ai campi “della cronicità, della disabilità, delle dipendenze patologiche, in tutte le fasi della vita compresa la terminalità. La formazione per noi è fondamentale - ha assicurato –. Coinvolgeremo le università e le scuole, con il coordinamento di Polis, per costruire un curriculum che andrà ben oltre le 500 ore”.
Quanto agli infermieri, “dobbiamo cercarli anche all’estero, ma non abbiamo aderito alla proposta del ministero di un accordo con l’India: riteniamo più adatti Paesi come Argentina, Uruguay e Paraguay con i quali stiamo lavorando”.
Cambio nome
L’assessore apre anche alla richiesta di cambiare nome all’“assistente infermiere” per “evitare di confondere i pazienti”, osserva Rozza, non contraria a prescindere a queste figure purché se ne modifichino “denominazione, formazione e competenze”.
Nel lungo periodo immagina “una revisione della formazione infermieristica sul modello spagnolo, con un corso di laurea di quadriennale in cui ogni anno si raggiunge uno step professionale al quale ci si può fermare. Ma intanto è indispensabile intervenire sugli stipendi degli infermieri e sulle prospettive di carriera: i posti per la laurea magistrale in Italia sono pochissimi, 2.147 quest’anno a fronte di 11.070 domande”. Che anche in Lombardia viaggiano dal triplo al sestuplo rispetto al numero chiuso.