
Il green pass e un treno ad Alta Velocità
di Nicola Palma
Il caso è di strettissima attualità perché proprio due giorni fa un’ordinanza del Ministero della Salute ha stabilito che nei grandi hub ferroviari e, quando possibile, anche nelle altre stazioni italiane il controllo del green pass deve essere effettuato preferibilmente prima della salita sul mezzo, alla luce del recente incremento dei contagi da Covid. La storia che vi stiamo per raccontare, e che nel frattempo è diventata materia da giudici, è andata in scena lo scorso primo settembre a bordo del convoglio alta velocità Italo partito da Reggio Calabria con destinazione Milano.
A Roma Termini, il capotreno richiede l’intervento della Polfer perché una passeggera in viaggio per la Lombardia sulla carrozza 7 è risultata sprovvista di certificato verde (l’obbligo era entrato in vigore proprio quel giorno) al momento della verifica biglietti. Agli agenti, la donna riferisce di aver effettuato un tampone antigenico rapido il giorno prima ed esibisce "una riproduzione fotografica" del test, "consistente in una stampa con i dettagli dello scatto" e "un’autodichiarazione sostitutiva della certificazione Green pass". I poliziotti le spiegano che quella "prova" non è valida perché non ci sono riferimenti precisi né alla persona né ai tempi e la invitano a scendere. La passeggera va su tutte le furie e si rifiuta di prendere i bagagli per abbandonare il treno Italo, che accumula così un ritardo di 20 minuti sulla tabella di marcia. Dopo un lungo conciliabolo, la donna viene accompagnata negli uffici della Polfer e sanzionata per la violazione della normativa anti-coronavirus; inoltre, viene pure denunciata per interruzione di pubblico servizio, visto che il convoglio è ripartito alle 20 invece che alle 19.40. La passeggera, si scopre ora, si è poi rivolta al Tar del Lazio per chiedere l’annullamento della multa della Polfer e soprattutto per ottenere "la disapplicazione" del decreto-legge del 6 agosto scorso che ha introdotto l’obbligo di Green pass su treni, navi e aerei fino al 31 dicembre, ritenendolo in contrasto sia "con il Regolamento dell’Unione europea del Parlamento e del Consiglio del 14 giugno 2021" sia "con l’articolo 191, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea".
Per quanto riguarda il primo punto, i magistrati amministrativi hanno evidenziato il difetto di giurisdizione, rimandando la palla ai colleghi del Tribunale ordinario. E il secondo aspetto? Nel dispositivo si legge che i cittadini non possono rivolgersi al Tar per censurare un decreto-legge che ha provocato effetti di cui lo stesso Tar non si può occupare (vedi punto uno), tantomeno per chiedere che l’argomento finisca sul tavolo della Corte costituzionale.