"In aula i ragazzi sfogano tutto il proprio disagio"

Lo psicologo Lancini: aumentano gli attacchi, a sé o a figure significative

"In aula i ragazzi sfogano tutto il proprio disagio"

"In aula i ragazzi sfogano tutto il proprio disagio"

"È troppo presto per entrare nel merito del fattore scatenante di questo episodio, ma possiamo fare considerazioni sul ruolo al quale sarà sempre più chiamata la scuola". Matteo Lancini, psicologo, psicoterapeuta e presidente della fondazione Minotauro, parte da una premessa per analizzare l’ultimo caso di violenza che ha lasciato sotto choc l’istituto tecnico Galvani di via Gatti, ieri mattina: "Questi avvenimenti vanno perseguiti, perché sono atti delinquenziali, ed è importante che venga fatto per il ragazzo stesso, in modo che possa fare un percorso, dando significato a un gesto che è stato anche premeditato visto che si sarebbe presentato a scuola con un coltello". Detto questo "sempre più spesso ci troveremo ad affrontare vicende in cui emerge il disagio dei giovani, in diverse forme – sottolinea Lancini –. Prima di tutto perché la scuola è vissuta non più come luogo in cui i ragazzi vengono “solo“ da studenti, per apprendere, ma come luogo di espressione di tutte le parti di sé, anche delle parti di disagio e di violenza quando non trovano le parole per esprimerlo".

"Troppo spesso la scuola è coinvolta in gesti suicidari dei ragazzi, di cui si parla meno per diverse ragioni, ma anche in gesti di attacco al corpo, proprio o dell’altro – continua il presidente della Fondazione Minotauro –, contro figure che vengono viste come significative. Abbiamo recentemente saputo di accoltellamenti tra compagni o contro docenti: atti che diventano delinquenziali, con punizioni previste nei termini di legge, anche in caso di minorenni".

Ma cosa può fare la scuola? "Teniamo presente che se manca il rispetto degli adulti non basterà un voto in condotta a risolvere la situazione, anzi, sarebbe miope – ribadisce Lancini –. Anche di fronte a un tema di espressione disperata e di violenza servono interventi educativi più ampi".

In questo caso, il ragazzo non andava a scuola da mesi. "Il problema del ritiro scolastico sociale c’è - ricorda Lancini –. Ma in questo fatto di cronaca il ragazzo non se n’è semplicemente andato, è tornato. Si è sviluppata una dinamica relazionale che va considerata per capire cos’è successo: perché questa violenza? Perché non ha cercato né un confronto verbale né si è sottratto all’esperienza? Quanto accaduto anche questa volta deve essere uno ’spunto’ per un’interrogazione più profonda sul ruolo che la scuola riveste oggi per le nuove generazioni. E, attenzione che non è un problema di ragazzi non educati, ma di giovani che esprimono tutto il disagio all’interno di un’istituzione che sentono come un importante luogo di confronto con gli adulti".

Ci sono altri due temi da affrontare e che si intrecciano secondo Massimiliano Sambruna, segretario Cisl Scuola Milano. "Il primo è quello della sicurezza e il secondo quello del ruolo di una categoria, quella degli insegnanti, al quale è stato tolto man mano il riconoscimento, non solo economico ma anche sociale". Quanto alla sicurezza, "serve più personale, penso soprattutto ai collaboratori scolastici – sottolinea Sambruna –, spesso non ce n’è neppure uno per piano. Ed è una figura importante anche per intercettare situazioni a rischio". Altro punto: "Più supporto psicologico, sia ad alunni che a insegnanti. Servono investimenti alla scuola, soprattutto in questo momento storico – conclude il sindacalista –: sono ragazzi che sono stati ’chiusi’ due anni. Facciamo fatica noi adulti. La preoccupazione che avevamo nei confronti di quello che il Covid ci ha costretto a vivere non è assolutamente una giustificazione ma un segnale d’allarme: il malessere è stato amplificato. Chi fa da filtro? E con quali strumenti?".

Simona Ballatore

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