di Claudia Cangemi Un viaggio insolito, tanto virtuale quanto coinvolgente e di forte impatto emotivo. È quello proposto da Acra onlus, che ha scelto il Centro di Arese per il debutto di una campagna di sensibilizzazione su un tema troppo spesso ignorato o dimenticato: la tratta degli esseri umani. Ieri e oggi dalle 10 alle 18 fermandosi alla “slave box“ allestita nel grande centro commerciale, si può conoscere una realtà drammatica, che interessa in Europa almeno 24mila persone, per il 72% rappresentato da donne e bambine. Molte di queste giovani vittime finiscono nel terribile mercato del sesso a pagamento, altre e altri nello sfruttamento selvaggio dei campi, del lavoro domestico, delle officine, della questua e delle vendite ambulanti. Ma quello stesso lavoro che in certe condizioni calpesta dirritti e dignità può essere invece in altre circostanze prezioso strumento di riscatto sociale. Spesso queste donne e bambine sono vittime di violenza di genere e di dinamiche di esclusione già nei propri Paesi di origine e la loro posizione di vulnerabilità sociale viene sfruttata da chi le recluta, in funzione di un mercato prevalentemente maschile. Sole, inermi, lasciano il proprio Paese per raggiungere l’Europa dove sono private per anni di qualsiasi libertà: soggette a violenze fisiche e psicologiche, costrette a lavori usuranti, a vivere per strada prostituendosi o riducendosi all’accattonaggio e ad altre attività illecite. Nel 2020 nel nostro Paese il sistema anti-tratta ha potuto identificare solo 2.040 vittime, prendendole in carico: di queste, l’81,8% erano donne e ragazze. Si tratta, infatti, di numeri difficili da determinare con precisione: gli abusi e i traumi subìti durante il viaggio, e la condizione di incertezza e debito verso i trafficanti vissuta dalle vittime una volta che sono giunte a destinazione le portano infatti a non denunciare, temendo ripercussioni sulla propria incolumità, sulla famiglia o sulla comunità di ...
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